October 8, 2024
Leggere gli economisti o alcuni siti di sinistra, anche quella piu’ antagonista e confittuale, che devastano l’umana intelligenza sovrapponendo la loro visione unilaterale del mondo con la realtà oggettiva?
Senza dubbio meglio le vecchie e sempre attuali letture che impongono uno sforzo di comprensione rispetto alla retorica autoreferenziale di quelli che si autodefiniscono soggetti sociali antagonisti. Non ce ne vogliano i diretti interessati, ma di leggere reports sugli scontri di piazza senza guardare alla sostanza delle cose siamo stanchi perché non si analizzano le politiche di austerità, le loro cause e conseguenze, alla fine la semplificazione della politica non aiuta a ricostruire una lettura oggettiva e una pratica conflittuale destinata a mettere insieme realtà sindacali , sociali e politiche accomunate dalla avversione al neoliberismo.
Nel nostro paese, intanto, è calato un silenzio impenetrabile su quanto accade in Francia, in Portogallo e in Grecia, difficile conoscere la realtà di quei paesi che da settimane sono paralizzati da scioperi e manifestazioni.
Verrebbe da rimpiangere i tempi in cui le informazioni potevi averle dalle radio alternative o dalle trasmissioni in lingua italiana del blocco sovietico, non che fossero maestri di comunicazione ma di certo allora non avevamo un pensiero e una informazione unica.
In Italia ormai non si discute piu’, gli argomenti non mancherebbero, per esempio dopo anni di nuovo e di ubriacatura tecnologica si scopre che i robot e il web stanno rubando il lavoro con la creazione di sempre nuovo start up che creano un colossale giro di capitale al quale corrisponde una occupazione quasi inesistente.
L’avvento della tecnologia viene vissuta tra la esaltazione acritica del nuovo ( possibile che a nessuno venga in mente di rispolverare le pagine marxiane sull’utilizzo delle macchine?) e un rifiuto di stampo luddista con la differenza che il sabotaggio diventa virtuale, dalla comoda tastiera di un pc (non stiamo parlando dei pirati informatici) o sulle pagine di qualche social network
Nessuna iniziativa di solidarietà viene costruita con la classe lavoratrice in sciopero, la logica del Fmi, divide et impera, ha vinto e in ogni paese i lavoratori e le lavoratrici devono vedersela da sola con i padroni, i Governi (anche quelli cosiddetti di sinistra che praticano le ricette del fmi)
E’ questa l’amara considerazione di fronte alle scarne notizie che arrivano da Portogallo, Turchia, Francia e Grecia attraversate da giorni di scioperi, manifestazioni di piazza, mobilitazioni che stanno paralizzando quei paesi. Viene da pensare allo sciopero dei ferrovieri tedeschi che dura da sei giorni quando in Italia le normative sullo sciopero hanno ridotto ai minimi termini l’esercizio di sciopero.
Per anni la sinistra italiana ha fatto finta che il paese non fosse in preda ad una rapida trasformazione involutiva , che il diritto di sciopero fosse ormai ipotecato a colpi di decreti legislativi e di accordi sindacali che ne hanno progressivamente ridotto l’efficacia.
Ma il diritto di sciopero e le agibilità democratiche non sembrano interessare la sinistra antagonista, come se i diritti cosiddetti borghesi non fossero patrimonio di tutti, anche del movimento operaio che da quei diritti ha tratto giovamento e agibilità. Ignoranza della storia, semplificazione della realtà (dai buoni e cattivi siamo passati alla dicotomia tra chi lotta e chi sta a casa ), interiorizzazione di quella teoria del mondo senza confini (titolo del libro del guru giapponese Kenichi Ohmae) che ridimensiona le innovazioni dei secoli scorsi per magnificare quelle (funzionali alla accumulazione capitalistica) dei nostri giorni e, in questa ubriacatura di nuovismo, si perde di vista l’oggetto del contendere. Del resto, per anni, ci hanno raccontato la storia che la economia liberista non conosceva rivali, ebbene vi consigliamo la lettura di Ha Choon Chang (23 cose che non ti hanno mai detto sul capitalismo) per confutare questo luogo comune che forse vi ripoterà con i piedi per terra senza fascinazioni tecnologiche e guardando alla realtà che ci circonda con rinnovato interesse
Dobbiamo senza indugio rivolgere il nostro sguardo a quanto, in queste ore, accade in Grecia. Quanti di noi conoscono la situazione sociale che si vive laddove un tempo sorgeva una delle piu’ antiche civiltà al mondo? Ben pochi, del resto nell’immaginario collettivo la Grecia è sinonimo di spiagge estive o nella testa di qualcuno riecheggiano gli scontri di piazza che a scanso di equivoci scaturiscono dagli scioperi generali di un sindacato tradizionale e di classe come il Pame (questo per confutare i luoghi comuni del nuovismo politico che ritiene esaurito il ruolo del sindacato)
Dalla Grecia arriva la secca presa di posizione del Fondo monetario internazionale (Fmi) di interrompere il programma di aiuti, programma per altro condiviso con l’Eurozona, a meno che non passi la ennesima ristrutturazione del debito ellenico.
Secondo il Fmi, entro luglio, la Grecia deve restituire alla Bce 3,5 miliardi di euro di bond greci e per pagare questo debito indebitarsi ulteriormente. In Grecia invocano quei 5 miliardi di euro che erano stati promessi ad Atene in cambio di alcune privatizzazioni che nel frattempo sono puntualmente arrivate insieme alla riforma peggiorativa della previdenza.
Riassumiamo per chiarezza
Un anno il governo di Syrza accetta il piano lacrime e sangue della Bce fatto di privatizzazioni, licenziamenti, blocchi salariali e aumento delle tassazioni dei redditi medio bassi. Piaccia o non piaccia la situazione è questa, poi potremo discutere delle ragioni per le quali in nessun paese europeo ci siano state mobilitazioni a fianco del sindacato greco
10 mesi dopo, la Grecia deve sperare in un nuovo credito, la promessa di una elemosina che ha avuto come merce di scambio la cessione di ogni sovranità nazionale, per far fronte agli impegni assunti con la BCe
Per avere questi soldi dovrà fare un ulteriore accordo al ribasso, allungare i tempi di pagamento, ridurre i tassi di interessi assicurando per i prossimi decenni una dipendenza assoluta dalle politica europee, senza parlare poi delle politiche di austerity che continueranno ad affamare il popolo greco, a colpire sanità e istruzione. Il numero degli iscritti all’università è il piu’ basso dal dopo guerra ad oggi, il sistema pubblico è stato fortemente ridimensionato nonostante le statistiche dimostrino che la presenza di un apparato statale favorisca una crescita maggiore dell’economica (ma ormai la posta in gioco non è la crescita del pil ma la quota di profitti destinati ad un numero sempre piu’ ridotto di persone)
L’Fmi ancora oggi continua a chiedere la ristrutturazione del debito greco . In cosa consiste questa ristrutturazione? Un sistema fiscale piu’ severo verso i redditi medio bassi, politiche di austerity, un avanzo primario sul Pil del 3,5% dal 2018
Per anni abbiamo scritto e detto che le ristrutturazioni del debito avrebbero richiamato altre ristrutturazioni, insomma le politiche di austerità hanno sempre un inizio ma mai una fine.
Il debito greco è già stato ristrutturato nel 2011 con un taglio del 50% pari a 107 miliardi di euro persi dai creditori privati. I prestiti accordati allora avevano un tasso di interesse dell’1% ma una durata ultratrentennale
A questa ristrutturazione sono seguiti altri prestiti che hanno dettato condizioni capestro che nell’arco di pochissimi anni hanno gettato l’economia greca nel baratro con una devastazione sociale senza precedenti…
L’interessamento europeo arriva quando la Grecia è alle prese con una vera e propria emergenza umanitaria con decine di migliaia di licenziamenti e con file interminabili alle mense dei poveri, immagini che nessuna televisione europea trasmette contribuendo cosi’ alla diffusione di immagini false a uso e consumo della Bce e del fmi.
I dati europei parlano di una disoccupazione al 25%, di un debito le cui rinegoziazioni continue non fanno che peggiorare la bilancia dei pagamenti, i dati confermano la fuga all’estero di migliaia di greci disposti ai lavori piu’ umilianti nel nord europea per continuare a vivere
Queste e non altre sono le politiche di austerità contro le quali la classe operaia greca e parte del sindacato e della classe politica provano a resistere senza ricevere quella solidarietà concreta di cui il popolo greco avrebbe senza dubbio bisogno.
La domanda da porci è una:vogliamo accontentarci di condividere su fb le immagini delle manifestazioni greche o costruire una solidarietà attiva che sappia anche opporsi alle politiche di austerità made in Italy?
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