December 12, 2024
La più riuscita falsa notizia circa il sistema pensionistico italiano è probabilmente quella che esso avvantaggi i vecchi, ossia i pensionati, a grave danno dei giovani: questi ultimi, con i loro contributi, pagano ai primi pensioni che, per quanto basse nella maggioranza dei casi, non sono state meritate con una adeguata contribuzione durante la vita lavorativa, e però avranno a loro volta in futuro pensioni bassissime. Farne una questione di rapporti tra vecchi e giovani (non c’è equità intergenerazionale, secondo il gergo corrente) è in primo luogo una scelta ideologica degli economisti neo-liberali, per i quali, soprattutto nelle analisi del risparmio e dunque dei sistemi previdenziali, non esistono classi, ma solo generazioni. In secondo luogo, però, è anche un’affermazione falsa su come funziona il nostro sistema pensionistico, e sugli effetti dell’intervento Monti-Fornero nel novembre 2011. Non è vero che coloro che, se sono fortunati, entrano oggi nel mondo del lavoro o che ci sono già, ma sono ancora lontanissimi dal traguardo della pensione, avranno pensioni da fame domani perché oggi pagano alti contributi che finanziano le pensioni in essere. Avranno pensioni da fame perché il loro lavoro, anche quando c’è, non è stabile, e perché le loro retribuzioni sono basse, e quindi il montante contributivo, la somma di tutti i contributi versati, su cui saranno calcolate le loro pensioni sarà insufficiente. Questo è un risultato necessario del sistema contributivo: quanto hai versato, tanto ti sarà restituito. Se i contributi pensionistici dei più giovani fossero oggi più bassi, le loro pensioni in futuro sarebbero ancora più basse. Le iniquità del sistema pensionistico italiano sono in realtà in primo luogo intragenerazionali, tra diversi gruppi sociali delle stesse generazioni.
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