Un torto subito da un lavoratore è un torto fatto a tutti (IWW)

Notizie dal sottosuolo della Pubblica Amministrazione

Postato il 4 Marzo 2014 | in Lavoro Pubblico, Sindacato | da

500 milioni di deroghe al patto di stabilità dimostrano che questo patto va rimosso perchè ipoteca sul nascere ogni seria iniziativa degli enti locali in materia di edilizia scolastica\sociale, servizi sociali e alla persona, manutenzione del territorio.

Fra l’altro sono soldi che vanno ad alcuni comuni in situazione di deficit, non è affatto certo che siano esclusi i debiti finanziari (il cui ammontare è ancora ignoto) prodotti da speculazioni, derivati e avventurosi interventi nel sistema clientelare delle partecipate e dei conseguenti grandi appalti.

Responsabilità contabile e amministrativa, la chiamano così la minaccia ai dirigenti degli enti pubblici non economici che decidessero di trasformare i contratti da tempo determinato a indeterminato, anche di questo parlerà il dossier sulla seconda fase della spending review per ribadire quello che noi abbiamo sempre sostenuto, ossia che la stabilizzazione dei precari annunciata a settembre non può avvenire fino a quando ci sarà l’obligo costituzionale del pareggio del bilancio.

Chi ha votato l’ inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione e continua a sostenerne l’ applicazione ( le maggioranze dei Governi delle larghe intese) ha responsabilità dell’ applicazione di queste politiche di austerità sulle spese della pubblica amministrazione che si caratterizzano sempre per interventi mirati a tagli sulle spese del personale con i soliti blocchi totali o parziali del turn over che impediscono sempre di dare risposte occupazionali alla precarietà.

Le partecipate sono un altro grande tema che la spending review, come avevano ripetutamente affermato tutti gli ultimi governi, doveva affrontare. Semplificando il ragionamento, sotto il profilo strettamente tecnico sono molti oggi i grandi Enti locali (le future città metropolitane), che sono da ritenere “falliti” in quanto l’indebitamento delle aziende partecipate è superiore alla quota di entrate effettivamente disponibili nei propri bilanci.

E’ evidente pertanto dove finiranno i soldi delle deroghe previsti dai vari decreti! Non a salvare le grandi città e i servizi erogati dalla pubblica amministrazionme, ma bensì a ” salvare la politica” che ha amministrato male. Molti di questi finanziamenti vanno perciò a ripianare i debiti di amministrazioni di destra travolte da scandali e da un uso a dir poco disinvolto dei soldi pubblici.

Il ragionamento da fare è uno solo: a cosa servono queste società partecipate?

Rappresentano una gestione pubblica , democratica e trasparente, o sono una sorta di privatizzazione mascherata con l’occupazione dei posti di potere da parte della politica?

Hanno migliorato la qualità dei servizi pubblici e le finalità sociali connesse alla loro fruizione/erogazione, in forma universale ed equa, per tutti i cittadini?

Non bisogna mai dimenticare che sono proprio la privatizzazioni con la conseguente finanziarizzazione delle gestioni e l’interesse della politica per questi processi, che ha fatto si che si perdesse nelle aziende pubbliche ogni riferimento ad un idea di economia sociale. Scelte di privatizzare che hanno cancellato le finalità che avevano le ” aziende municipalizzate” che operavano in primis per garantire un servizio pubblico perchè era un diritto di tutti. Le attuali partecipate invece, che non rispondono quasi mai interamente ai bisogni dei cittadini, presentano agli stessi solo il conto nei tanti casi di malagestione e, per ripianare i debiti. si drenano risorse dalle casse pubbliche tagliandole dallo stato sociale o dagli interventi a favore della stabilità occupazionale.

Infatti l’ incremento dei costi collettivi non dipende dall’ esistenza di un comune in più o in meno, o dalla soppressione delle provincie, ma bensì da una politica nazionale e locale che con la gestione delle aziende partecipate si occupa molto dei soldi amministrare e molto poco di rappresentare gli interessi collettivi dei cittadini nella gestione di beni comuni di grande utilità sociale.

E allora non basta cacciare dalle partecipate i manager con i bilanci in rosso, bisogna cacciare anche la politica o i politici che hanno scelto e nominato questi soggetti e i diversi consigli di amministrazione, chiamandoli tutti a rispondere del grande danno economico e sociale che priva di un futuro e di diritti tante persone.

COBAS PUBBLICO IMPIEGO PISA

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