December 2, 2024
Chi paga la crisi, chi dovrebbe pagarla e come…
MANIFESTO DI LOTTA
“Redistribuire il lavoro che c’è, espropriare le imprese che chiudono”
Due punti per uscire dalla difesa della miseria dell’esistente e
lottare contro un futuro senza prospettive
Nonostante le centinaia di miliardi di euro che sono stati prelevati dalle tasche dei lavoratori delle loro famiglie per essere regalati alle banche dal governo Monti attraverso le sue controriforme, la crisi continua a mordere e sempre gli stessi settori sociali. E nel prossimo futuro andrà ancora peggio visto il pareggio di bilancio introdotto in Costituzione con l’applicazione, per volere della UE, del Fiscal Compact che imporrà a qualsiasi governo avremo tagli alla spesa per circa 50 miliardi di euro per ogni anno nei prossimi venti anni almeno.
Questo vuol dire che non sono previste risorse né per investimenti e progressivamente nemmeno per gli ammortizzatori sociali.
Chi perde il lavoro o andrà in cassintegrazione perché la sua azienda è in crisi, chiude o delocalizza ha davanti a sé unicamente un futuro di disoccupazione e miseria in solitudine.
Parliamo di centinaia di migliaia di posti di lavoro a rischio. Solo sui tavoli aperti al ministero dello sviluppo economico sono coinvolti 285.800 lavoratori e lavoratrici, dei quali 74.605 sono stati dichiarati già da oggi in esubero. Per non parlare dell’impatto sull’indotto che moltiplica per due o tre i numeri. Da questi numeri, raccolti sempre dallo stesso rapporto CGIL, sono escluse le grandi aziende gestite direttamente dal ministero.
Questi numeri fanno capire chi sta pagando tutte le conseguenze della crisi e che le azioni messe in campo dal governo, spesso avallate passivamente dalle OOSS, non fanno altro che peggiorarla. Se continuiamo ad accettare il principio che dobbiamo pagare noi i costi della crisi dei padroni (che siano essi industriali, banchieri o speculatori) ci scaviamo la fossa con le nostre stesse mani. Gli ammortizzatori sociali ormai sono solo il viatico per la mobilità e i licenziamenti, e l’azione sindacale ormai è rivolta solo al loro utilizzo.Mentre i governi impongono tagli e controriforme per mantenere alti i profitti di banche e imprese, gli unici ad andare veramente in “default” in questo paese, col ricatto della crisi e del debito, sono i lavoratori e le lavoratrici dipendenti, i precari, i cassintegrati ed i disoccupati.
Le nostre singole vertenze contro i licenziamenti e contro la precarietà rischiano di sbattere contro il muro delle controparti (aziende e governo) col ricatto della chiusura o il contentino temporaneo di qualche ammortizzatore per fiaccare la nostra resistenza prima di perdere definitivamente il posto di lavoro.
Proponiamo che queste vertenze e lotte, che ciascuno conduce autonomamente con gli strumenti che ritiene più adeguati, siano affiancate dalla rivendicazione da parte di tutte le lavoratrici ed i lavoratori in lotta, dipendenti o precari, di due punti generali:
Non siamo più disponibili ad accettare che le grandi e medie imprese, sostenute in ogni modo con i nostri soldi, che hanno devastato interi territori e la salute di milioni di persone, per accrescere comunque i loro profitti chiudano qui e le vadano a riaprire ovunque gli convenga di più gettando per la strada centinaia di migliaia di lavoratori!
L’articolo 43 della Costituzione già recita “A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”.
Sappiamo bene non basta una legge ma sosteniamo che è possibile praticare l’esproprio e l’autogestione per “comunità di lavoratori” delle aziende che chiudono o delocalizzano salvo pretendere che, visti tutti gli sgravi e incentivi pubblici ricevuti, non ricevano ulteriori indennizzi o al massimo un indennizzo simbolico di un euro!
Inoltre l’introduzione di tecnologie e l’aumento dei ritmi di lavoro hanno aumentato a dismisura la velocità di produzione di beni e di servizi senza che questo abbia provocato una liberazione della nostra vita da una parte del tempo di lavoro per noi ma ha significato solo l’incremento di profitti per le aziende. Gli ammortizzatori e l’aumento della produttività (ormai, al pari della precarietà, introdotti anche nel pubblico impiego e nella scuola) sono solo l’anticamera della disoccupazione e quindi rivendichiamo, azienda per azienda, categoria per categoria, la riduzione d’orario a parità di salario e senza aumenti produttivi come l’unica possibilità per redistribuire intanto il lavoro che c’è e far si che non siamo noi a pagare, ancora una volta, i costi della crisi!
Noi abbiamo già pagato col nostro lavoro flessibile, precario, insicuro e malpagato…
E’ ora che la crisi la paghino le banche, le imprese e gli speculatori!
Rossella Iacobucci, comitato Resistenza Operaia – Irisbus; Domenico Petrillo, comitato Resistenza Operaia – Irisbus; Massimiliano Murgo, rsu Fiom Cgil Marcegaglia Buildtech Milano; Andrea Castellucci, rsu Fiom Marcegaglia Forlì; Gabriele Severi, rsu Fiom Marcegaglia Forlì; Mimmo De Stradis, rsu Fiom Fiat Sata Melfi;Stefania Fantauzzi, rsa Fiom Fiat Termoli; Mimmo Cappella, rsa Fiom Fiat Termoli; Francesca Felice, rsa Fiom Sevel Atessa (CH); Antonello Tiddia, rsu Cgil Carbosulcis; Arcangelo Valentino, operaio Bosch Bari;Stefano Quitadamo, comitato occupy Ri-Maflow; Massimo Lettieri, cooperativa Ri-Maflow; Luigi Malabarba, pensionato Alfa Romeo; Annalisa Dordoni, operatrice telefonia mobile Milano; Alberto Pantaloni, collettivo lavoratori Comdata; Vincenzo Graziano, rsu Flmu Cub Comdata Torino; Massimiliano Lanciotti, rsu Flmu Cub Telecom Italia; Riccardo De Angelis, rsu Flmu Cub Telecom Italia; Adriano Carbone, rsu Flmu Cub Telecom Italia IT; Federica D’Alessandro, Coordinamento Precari Scuola/ direttivo Flc Cgil Roma e Lazio; Francesco Cori, Coordinamento Precari Scuola/Flc Cgil; Viviana Savino, Coordinamento Scuole Roma; Renato Caputo, rsu Flc Cgil; Gabriella Petrarulo, comitato mobilitati Alitalia Overbooked; Riccardo Filesi, comitato mobilitati Alitalia Overbooked; Christian De Nicola, rsu direttivo Fiom Roma Nord; Francesco Fumarola, Slc Cgil Almaviva Contact; Andrea Fioretti, rsa Fiom appalti Selex; Ciro Risolo, rsu direttivo Fiom Cgil Roma Sud;Roberto Villani, rsu Usb Scuola; Fabrizio Cottini, rsa Cgil Sielte; Sante Marini, Fiom Alcatel Alenia; Maurizio Bacchini, rsu Fiom Cgil Baxter spa; Marina Citti, rsa Cgil Menarini spa Pomezia; Claudio Simbolotti, ferroviere Usb; Antonio Piro, rsu Cobas Provincia di Pisa; Maria Falcone, rsu Cobas Provincia di Pisa; Gabriele Moretti, rsu Cobas Provincia di Pisa; Federico Giusti, rsu Cobas Comune di Pisa; Giuseppe Merla, rsu Cobas Comune di Pisa; Salvatore Bonavoglia, rsu Cobas Scuola Normale Superiore; Davide Banti, rsa Cobas Manutencoop Pontedera.
Aderiscono:
Coordinamento lavoratrici e lavoratori autoconvocat* – contro la crisi; comitato Resistenza Operaia – Irisbus Valle Ufita; ClashCityWorkers; collettivo Ri-Maflow; comitato mobilitati Alitalia Overbooked; Coordinamento Precari della Scuola – Roma; Lavoratori Autorganizzati del Ministero dell’Economia e delle Finanze; Cassintegrati Espulsi Cluster Filanto.
Per contatti e adesioni:
lavoraremenotutti@inventati.org
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