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Versi contro l’orrore della guerra

Postato il 14 Marzo 2015 | in Italia, Mondo, Scenari Politico-Sociali | da

Versi contro l’orrore della guerra

Poesia. “SignorNò”, una raccolta di testimonianze di veterani e refusnik, a cura di Marco Cinque. Per combattere la guerra con le parole e il ricordo

di Manlio Dinucci

signorno_marcocinqueLa tragica scia che lascia dietro di sé la guerra è segnata non solo dai cumuli di cadaveri e macerie, ma dalle lacerazioni profonde e inguaribili che essa provoca nella mente di chi vi è coinvolto. Non potrà mai dimenticare, quella veterana Usa del Vietnam, gli elicotteri che volavano lungo il fiume Da Nang, lasciandosi alle spalle la grigia foschia della diossina, avvelenando tutto e tutti. Né quell’artigliere israeliano potrà cancellare dalla sua mente l’immagine della strage provocata a Gaza dai proiettili al fosforo bianco che, esplodendo in aria, lanciano oltre cento schegge infiammate. Sono le poesie e testimonianze di veterani Usa e refusnik israeliani contro la guerra, raccolte, con contributi in versi di autori nazionali e internazionali e prefazione di Margherita Hack, nel volume «SignorNò» a cura di Marco Cinque e Phil Rushton (Edizioni SEAM, 2015).

Mentre un veterano del Vietnam ha ancora davanti agli occhi  la monaca buddista vestita di fuoco, che a Ninh Hoa si immolava sorridente tra la folla solenne e silenziosa, un altro scrive che la guerra lo segue ancora, che mai in nessun caso ha trovato un modo per liberarsi. Voci di uomini e donne che accusano chi li ha mandati in guerra di aver assassinato le loro anime, che una volta rientrati in famiglia si sono sentiti degli estranei perché nessuno gli ha chiesto di raccontare ciò che avevano fatto, visto e provato. Svanita la retorica della guerra, resta la cruda realtà dell’anziano reduce che, coperto di medaglie, muore di freddo in un parco, in preda all’alcool, di fronte alla Casa Bianca.

Prendendosela con i bugiardi che giustificano la guerra, con gli ipocriti che, mettendoti la mano sulla spalla, ti dicono di dimenticarla perché ormai è finita, un veterano Usa scrive che il poeta che è dentro di lui rifiuta di morire, che i suoi versi traversano i suoi giorni come traccianti, ricercando i bersagli del suo odio.  E un refusnik israeliano accusa i suoi capi di aver mandato lui e altri in missioni che hanno corrotto per sempre le loro anime. Da questo fondo di amarezza e dolore emerge il Signornò, il rifiuto di partecipare alle guerre, oggi definite umanitarie. Una ribellione di coscienze, foriera di quella rivoluzione sociale e culturale che è l’unica alternativa alla catastrofe globale. Dopo la quale non ci sarebbero più poeti a cantare contro la guerra.

(tratto da Il Manifesto, 13 marzo 2015)

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