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L’Italia polo europeo degli F-35

Postato il 15 Dicembre 2014 | in Italia, Mondo, Scenari Politico-Sociali | da

L’Italia polo europeo degli F-35

di Manlio Dinucci    

f35Mentre l’Italia sprofonda nella crisi e i lavoratori scendono in piazza contro il governo, la ministra della Difesa Roberta Pinotti annuncia trionfante «l’Italia ce l’ha fatta»: è stata scelta dal Pentagono quale «polo di manutenzione dei velivoli F-35 schierati in Europa, sia di quelli acquistati dai paesi europei sia di quelli Usa operanti in Europa». L’annuncio è stato dato dalla  Pinotti al termine di un incontro con l’ambasciatore statunitense a Roma, John Phillips, che le ha trasmesso la decisione del Pentagono. Decisione in realtà scontata in quanto, come ricorda la stessa Pinotti, l’impianto Faco di Cameri (Novara) è stato concepito fin dall’inizio per ospitare sia le attività di assemblaggio e collaudo che quelle di manutenzione, riparazione, revisione e aggiornamento del caccia F-35.

«E’ un risultato straordinario»,  dichiara la ministra, sottolineando che  «l’Italia, nel progetto partito nel 1998, sin dall’inizio ha deciso di essere partner non acquirente». Onore al merito bipartisan. Dopo la firma del primo memorandum d’accordo da parte del governo D’Alema nel 1998, è stato il governo Berlusconi a firmare nel 2002 l’accordo che ha fatto entrare l’Italia nel programma come partner di secondo livello. È stato nel 2007 il governo Prodi a perfezionarlo e prospettare l’acquisto di 131 caccia. È stato nel 2009 il governo Berlusconi a deliberarne l’acquisto. È stato nel 2012 il governo Monti a «ricalibrare» il numero dei caccia da 131 a 90 per dimostrare che, di fronte alla crisi, tutti devono stringere la cinghia. È stato nel 2013 il governo Letta e nel 2014 quello Renzi a confermare gli impegni dell’Italia nel programma F-35 capeggiato dalla statunitense Lockheed Martin, prima produttrice mondiale di armamenti.

«Un successo industriale fortemente voluto dalla Difesa», lo definisce la Pinotti, assicurando che la scelta di Cameri produrrà «ricadute enormi per l’Italia». Che le ricadute saranno enormi, non c’è dubbio. Resta da vedere in che senso. «Lo stabilimento di Cameri a pieno regime aumenterà notevolmente le persone impegnate direttamente», prevede la Pinotti. Non dice però quanto vengono a costare i pochi posti di lavoro creati a Cameri e nella ventina di aziende che producono componenti per l’F-35. L’impianto Faco di Cameri, costato all’Italia quasi un miliardo di euro, dà lavoro a meno di mille addetti che, secondo Finmeccanica, potrebbero arrivare a 2500 a pieno regime. E, nell’annunciare la scelta di Cameri, il generale statunitense Christopher Bogdan chiarisce, anche in previsione di ulteriori  spese per lo sviluppo dello stabilimento, che «i paesi partner del programma F-35 si fanno carico degli investimenti per tali impianti».

L’ambasciatore Phillips rammenta poi alla Pinotti ciò che si è dimenticata di dire, cioè che «l’Italia manterrà la parola data sui 90 aerei», ossia sull’acquisto di 90 caccia F-35. A un prezzo ancora da quantificare. L’accordo stipulato in ottobre dal Pentagono con la Lockheed Martin per l’acquisto di altri 43 F-35, di cui 2 per l’Italia, stabilisce che  «i dettagli sul costo saranno comunicati una volta stipulato il contratto». L’Italia si impegna quindi ad acquistare altri F-35 senza conoscerne il prezzo.

Secondo una stima di massima, ricavata dal bilancio del Pentagono, il costo unitario attuale è di 177 milioni di dollari – equivalenti a oltre 140 milioni di euro – ossia circa 13 miliardi di euro per 90 caccia. La Lockheed assicura che, grazie all’economia di scala, il costo unitario diminuirà. Non dice però che l’F-35 subirà continui ammodernamenti che faranno lievitare la spesa. L’annuncio della Pinotti che l’F-35  «rimarrà in attività per 30 anni con revisioni periodiche» significa quindi che nei prossimi decenni altri miliardi dovranno uscire dalle casse pubbliche per ammodernare i 90 caccia acquistati e, sicuramente, per comprarne altri.

Il generale Bogdan prospetta per Cameri un futuro, a suo dire, ancora più radioso di quello descritto dalla Pinotti. «Dato che l’Italia accrescerà la capacità di produzione dell’impianto – egli prevede – vi è la possibilità che gli Usa e altri partner costruiscano a Cameri loro aerei», in collaborazione con la Gran Bretagna.

Chiarisce quindi che la scelta di Cameri, come quella di un impianto turco per la manutenzione dei motori degli F-35, è dovuta a diversi fattori, tra cui «la posizione geografica, la necessità operativa e la prevista distribuzione degli aerei». In altre parole, il generale Bodgan spiega che l’Italia è stata scelta quale «polo di manutenzione» dei caccia F-35 perché il Pentagono prevede di usarla ancora di più quale portaerei Usa/Nato nel Mediterraneo.

«Abbiamo dimostrato di essere un Paese credibile», conclude la Pinotti, fiera del fatto che il Pentagono ritiene l’Italia affidabile per la guerra.

(tratto da Il Manifesto, 13 dicembre 2014)

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