October 7, 2024
I COBAS:SOSTENIAMO IL REFERENDUM CONTRO L’UNIONE DEI COMUNI
Ormai è noto che certa classe politica ha da tempo pensato di dedicarsi a salvar se stessa, con la presunzione autoreferenziale di esercitare un potere, a volte populista a volte autoritario, ma ispirato a non rendere conto direttamente all’ elettorato.
Negli anni scorsi questi tentativi di riciclarsi sono passati attraverso processi come quelli di promuovere le unioni dei comuni, che aldilà di enfatizzazione del ruolo, hanno rappresentato solo il modo per sopperire all’ incapacità di amministrare la cosa pubblica ridisegnando gli spazi di potere all’ interno delle autonomie locali
E’ ormai evidente che le unioni dei comuni non convincono i lavoratori e i cittadini, perché non rappresentano un modello di gestione e organizzazione di servizi da assumere come riferimento, incapaci non solo di rispondere ai bisogni delle persone ma lontani dal rappresentarne la forte richiesta di equità sociale, di tutele e di diritti.
Quanto sta accadendo oggi nel Valdarno inferiore dimostra che far accettare la nascita di nuove unioni non è così facile e scontato, non bastano certamente le “donazioni” della Regione Toscana per creare consenso e condivisione nelle comunità locali.
Esperienze come quelle della Unione Valdera a distanza di oltre 5 anni sono in regressione visto che diversi comuni hanno abbandonato il processo associativo e altri hanno messo in discussione le funzioni attribuite per cercare aggregazioni, come in Alta Valdera, più vicine ai bisogni delle popolazioni amministrate, anche attraverso forme di democrazia partecipata capaci di incidere sull’ erogazione dei servizi pubblici.
Se aggiungiamo che spesso le Unioni dei Comuni vengono in questo momento tenute in piedi o create nel presupposto di poter partecipare alla spartizione di poteri e competenze che conseguirà alla trasformazione delle Province, si delinea con chiarezza l’ interesse di certa politica a costruire luoghi di gestione sottratti al controllo democratico.
Nel modello di gestione dei servizi che le unioni costituite o costituende intendono perseguire, si delineano in maniera più chiara i pericoli che si possono determinare nell’ erogazione dei servizi pubblici, che noi intendiamo come strettamente connessi a forme dirette di gestione che implicano i diritti e le tutele del lavoro pubblico come condizioni preliminare da garantire.
Le esperienze della Valdera testimoniano, come i trasferimenti di funzioni e personale, avvenuti in una prima fase come scelta condivisa dal personale, si sono trasformate nel tempo in processi sistematici di “trasferimento coatto” di lavoratrici e lavoratori, alimentando concettualmente quel pericoloso processo che in sostanza è riconducibile a vere e proprie cessioni di rami d’ azienda.
Se poi a questo si aggiunge che la massa salariale trasferita dai Comuni alle Unioni viene utilizzata nella fase immediatamente successiva alla prima costituzione, non certo per attuare politiche di redistribuzione dei salari, ma per aumentare il numero delle figure dirigenziali o delle posizioni organizzative, diviene ancor più chiaro quali sono le finalità dell’ iniziativa.
Per contenere infatti i costi del personale, in linea con gli equilibri di bilancio fissati rigidamente dalle leggi di stabilità, nel medio periodo il maggior costo dell’apparato politico – burocratico – direzionale sarà compensato con il contenimento di costi sui livelli operativi e esecutivi, con l’ affidamento della gestione a soggetti diversi, perlopiù privati o pubblico privati, ma che in ogni caso applicano contratti collettivi di minore tutele e salari ripetto a quelli pubblici.
Se poi ai singoli comuni, con il trasferimento di funzioni alle Unioni, vengono sottratte anche professionalità e competenze, si preclude ulteriormente la possibilità di poter effettuare scelte di programmazione inerenti il governo del territorio, includendo in esse urbanistica, edilizia e servizi pubblici e altre funzioni, rendendo oltremodo evidente come le comunità locali perderanno la propria sovranità ed ogni controllo diretto sulle decisioni assunte.
Certo chi è interessato a rendere appetibili appalti di opere o servizi pubblici, ormai da anni tende considerare le aggregazioni fra comuni ( siano esse unioni o fusioni) come l’ unica possibilità di rispondere alle esigenza di garantire i servizi pubblici, come se grandi opere e privatizzazioni fossero in grado di garantire i diritti sociali, civili e del lavoro.
Ecco perché soprattutto oggi vanno avversate con decisione le proposte di andare a costituire unioni di comuni , o ad allargare e diversificare le competenze di quelle già esistenti, in assenza di preventive consultazione referendarie in quanto le forme associative producono alterazioni profonde nell’ esercizio della democrazia producendo cambiamenti tangibili che finiscono per sottrarre i poteri decisionali a cittadine e cittadini.
E’ d’ altronde noto che certe iniziative del Governo centrale tendono a ridurre gli spazi di autonomia delle amministrazioni locali proprio incentivando la costituzione degli unioni dei comuni, anche ampliando in esse i poteri di amministratori designati e non eletti, a partire soprattutto da quelli dei riconducibili sindaci. Si tratterebbe dell’ ennesima imposizione di processi di democrazia abolita/negata che cancellano le comunità locali e le relazioni sociali collettive solidali per ostacolare ogni forma di cittadinanza attiva, anche come aggregazione conseguente a conflitti e vertenze, che tenda a supportare una diversa proposta e azione politica.
Ecco perché sosteniamo con forza di sottoporre la scelta di creazione di nuove unioni, a partire da quella del Valdarno, a referendum.
COBAS PUBBLICO IMPIEGO
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