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Dipendenti delle partecipate, ritorna la mobilità. Riproposto il meccanismo che era stato espunto dal decreto sulle stabilizzazioni

Postato il 13 Gennaio 2014 | in Italia, Lavoro Pubblico, Scenari Politico-Sociali, Sindacato | da

Dipendenti delle partecipate, ritorna la mobilità
Riproposto il meccanismo che era stato espunto dal decreto sulle stabilizzazioni

Uscita dalla porta del dl 101/2013, la mobilità dei dipendenti delle società partecipate rientra dalla finestra della legge di stabilità. Il testo definitivo della legge di Stabilità, ai commi da 563 a 568 dell’articolo 1, ripropone, infatti, il meccanismo che era stato introdotto dal dl sulle stabilizzazioni, poi eliminato dalla legge di conversione, la legge 125/2013.

Il parlamento aveva ritenuto di non mantenere in vita una serie di norme che, nella sostanza, potrebbero disincentivare le società partecipate dalla sana gestione, creando una sorta di rete di sicurezza per i loro dipendenti, in quanto mira a fare sì che il personale in eccedenza possa essere trasferito ad altre società partecipate, o dal medesimo ente proprietario o, sulla base di specifici accordi, presso società di altre amministrazioni. Il che, peraltro, costituisce una rilevante deroga al sistema ordinario di gestione delle crisi aziendali, visto che nel settore privato non esistono strumenti di tale genere.

Mobilità facoltativa Un primo tipo di mobilità consente alle società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni o dai loro enti strumentali, anche al di fuori delle ipotesi di cessione di ramo di azienda, di avviare una mobilità facoltativa.

Le società interessate dovranno stipulare un accordo, per effetto del quale potranno trasferire i lavoratori senza il loro consenso. Altro presupposto necessario sarà una previa informativa alle rappresentanze sindacali operanti presso la società ed alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo applicato, in coerenza con il rispettivo ordinamento professionale. Detti processi di mobilità debbono escludere oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. Dette disposizioni non si applicheranno alle società partecipate quotate e alle società dal loro controllate.

Divieto di mobilità verso le p.a. Gli emendamenti, come del resto già il dl 101/2013, escludono espressamente che i processi di mobilità possano comportare il trasferimento dei dipendenti delle società partecipate e amministrazioni pubbliche. Lo scopo evidentemente garantire il rispetto dell’accesso al lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche esclusivamente mediante concorsi pubblici.

Indirizzi Le amministrazioni controllanti dovranno rivolgere alle società partecipate atti di indirizzo, per obbligarle a utilizzare la mobilità tra società partecipate, prima di attivare procedure per reclutamento di personale. È, nella sostanza, una replica dell’obbligo gravante sulle amministrazioni pubbliche di far precedere i concorsi appunto da procedure di acquisizione di dipendenti mediante mobilità intercompartimentale.

Eccedenze e mobilità obbligatoria Le partecipate saranno tenute ad attivare procedure di rilevazione di esuberi del personale che sfocino in una mobilità obbligatoria, qualora rilevino eccedenze di personale.

In particolare, gli esuberi deriveranno da motivate esigenze funzionali e sempre laddove le di spese di personale risultino pari o superiori al 50% delle spese correnti. La riproposizione dell’istituto con la legge di stabilità non ha superato due problemi già evidenziati col dl 101/2013: la circostanza che molte partecipate, per la natura dei servizi che svolgono, a elevato impiego di manodopera, hanno certamente spese di personale elevate; nonché il concetto di «spese correnti», non propriamente conforme alla contabilità privatistica. In ogni caso, rilevati gli esuberi, le società debbono inviare un’informativa preventiva alle rappresentanze sindacali operanti presso di loro ed alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo applicato, nella quale indicare numero, collocazione aziendale e profili professionali del personale eccedentario. Tali informazioni vanno comunicate anche al dipartimento della funzione pubblica.

Una volta dichiarate in esubero, le posizioni lavorative dovranno essere cancellate dall’organizzazione e non potranno essere ripristinate con nuove assunzioni. Entro dieci giorni dal ricevimento dell’informativa l’ente controllante dovrà ricollocare il personale eccedentario nell’ambito della stessa società, anche ricorrendo a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro, oppure presso altre società controllate dal medesimo ente o dai suoi enti strumentali.

Accordi Per facilitare la ricollocazione del personale in esubero gli enti controllanti e le stesse società partecipate potranno possono concludere accordi collettivi con le organizzazioni sindacali più rappresentative, che consentano di attivare la mobilità dei dipendenti in esubero presso altre società dello stesso tipo anche operanti fuori del territorio regionale ove ha sede la società interessata dalle eccedenze. Incentivi Per favorire le forme di mobilità viste sopra, le partecipate possono farsi carico, per un periodo massimo di tre anni, di una quota parte non superiore al 30% del trattamento economico del personale interessato dalla mobilità, nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Tali somme non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito e dell’imposta regionale sulle attività produttive.

Fonte: Italia Oggi di Luigi Oliveri

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