Un torto subito da un lavoratore è un torto fatto a tutti (IWW)

Ancora sulla rappresentanza sindacale

Postato il 17 Ottobre 2013 | in Lavoro Privato, Lavoro Pubblico, Sindacato | da

A quanto già scritto nelle settimane scorse in materia di rappresentanza sindacale da noi e da insigni giuristi, vogliamo aggiungere alcune annotazioni, che scaturiscono dal confronto\contributo dell’ufficio legale dei Cobas pisani.

Il punto 6 dell’accordo del 31 maggio 2013 è inequivocabile: “viene confermato il principio stabilito nell’Accordo Interconfederale del 20 dicembre 1993, ossia che Le organizzazioni sindacali aderenti alle Confederazioni firmatarie della presente intesa, o che comunque ad essa aderiscano, partecipando alla procedura di elezione delle RSU, rinunciano formalmente ed espressamente a costituire RSA ai sensi della legge n. 300/70;

  • Le organizzazioni sindacali aderenti alle Confederazioni firmatarie della presente intesa, o che comunque ad essa aderiscano, nelle realtà in cui siano state o vengano costituite Ie RSU, si impegnano a non costituire RSA;
  • In ragione della struttura attuale della rappresentanza, che vede la presenza di RSU o RSA, il passaggio alle elezioni delle RSU potrà avvenire solo se definito unitariamente dalle Federazioni aderenti aile Confederazioni firmatarie il presente accordo.

Pertanto aderendo all’accordo in parola, e dunque per via pattizia, le confederazioni allorchè partecipino alle elezioni rinunciano a costituire rsa.

Quanto alle osservazioni pervenute sull’accordo del 2011 e su quello del 2013 rileviamo che:

  1. Sulle rsa vale quanto sopra ( se nell’accordo 2011 riacquistava centralità il ruolo della rsa, l’accordo 2013 è di segno contrario e rivalorizza la centralità delle RSU richiamando l’accordo interconfederale del 1993):
  2. L’accordo del 31 maggio 2013 non vieta la presentazione di liste congiunte (tale divieto è disposto dal Regolamento RSU Igiene Ambientale);
  3. L’accordo del 31 maggio 2013 parla del 50% + 1 in relazione ai contratti nazionali e non si riferisce agli accordi aziendali. Tuttavia nel comparo igiene ambientale quanto agli accordi aziendali si prevede:

LA CONTRATTAZIONE DI SECONDO LIVELLO: GLI ACCORDI COLLETTIVI AZIENDALI

  1. Le parti titolari della contrattazione collettiva aziendale di cui alle successive lettere C) e D) sono l’Impresa e la RS.U. o, in mancanza le RS.A., congiuntamente alle strutture territorialmente competenti delle OO.SS. stipulanti il presente CCNL.
  2. La contrattazione collettiva aziendale di secondo livello: a) si esercita in attuazione delle specifiche deleghe previste dal CCNL o dalla legge; b) disciplina materie o istituti diversi e non ripetitivi rispetto a quelli disciplinati dal CCNL o dagli Accordi interconfederali; c) definisce i vari compensi comunque correlati agli incrementi di produttività, efficienza, qualità, redditività.
  3. I contratti collettivi aziendali, sia per le parti economiche che per quelle normative, sono efficaci per tutto il personale in forza e vincolano tutte le Associazioni sindacali riconosciute in azienda al sensi della legge n. 300/1970, se approvati dalla maggioranza dei componenti della Rappresentanza sindacale unitaria ovvero alle condizioni di cui alla Norma transitoria.
  4. I contratti collettivi aziendali, approvati alle condizioni di cui sopra, che defmiscono clausole di tregua sindacale finalizzate a garantire l’esigibilità degli impegni assunti con la contrattazione collettiva, hanno effetto vincolante esclusivamente per tutte le Associazioni sindacali riconosciute in azienda ai sensi della legge n. 300/1970 e non per i singoli lavoratori.

NORMA TRANSITORIA

Nelle more della costituzione della RS.U., in tutte le imprese che applicano il presente CCNL, essendo in carica le RS.A. costituite ex art. 19 della legge n. 300/1970, titolari della contrattazione collettiva di cui alle lettere C) e D) congiuntamente alle strutture territorialmente competenti delle OO.SS. stipulanti il presente CCNL, i contratti collettivi aziendali di cui al comma 3 della lettera B)·

esplicano pari efficacia se approvati dalle Rappresentanze Sindacali Aziendali costituite nell’ambito delle Associazioni sindacali che, singolarmente o insieme ad altre, risultino destinatarie della maggioranza delle deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori dell’azienda nell’anno precedente a quello in cui avviene la stipulazione, rilevati e comunicati direttamente dall’azienda al IO gennaio di ogni anno. I contratti collettivi aziendali in parola, approvati dalle Rappresentanze Sindacali Aziendali con le modalità sopra indicate, devono essere sottoposti al voto dei lavoratori promosso dalle Rappresentanze Sindacali Aziendali a seguito di una richiesta avanzata, entro IO giorni dalla conclusione del contratto, da almeno una organizzazione sindacale espressione di una delle Confederazioni sindacali firmatarie dell’Accordo interconfederale 21/12/2011 o almeno dal 30% dei lavoratori dell’impresa. Per la validità della consultazione è necessaria la partecipazione del 50% più uno degli aventi diritto al voto. L’intesa è respinta con il voto espresso dalla maggioranza semplice dei votanti.”

Quanto ad altri quesiti E’ di palmare evidenza che l’accordo interconfederale 31 maggio 2013 sia un contratto privo di efficacia erga omnes (nota la questione sull’art. 39 Cost.).

L’accordo interconfederale del 31 maggio (ma anche quello del 2011) è un contratto che risulta soggetto alla disciplina del codice civile e come tale è vincolante e dispiega i suoi effetti solo tra le parti contraenti o eventualmente nei confronti di chi vi aderisca.

Da ciò discende che accordo del 31 maggio è inidoneo, di per sé, ad incidere sull’art. 19 Statuto Lavoratori e quindi non estingue e non cancella le RSA esistenti e neppure inibisce l’astratta possibilità di costituirne di nuove.

Ciò non toglie che ove l’organizzazione sindacale aderisca all’accordo e partecipi all’elezione delle RSU, in forza dell’art. 6 de predetto accordo, assume l’impegno a non costituire RSA.

Quanto alla questione della esigibilità rilevo che l’accordo 31 maggio si riferisca alle organizzazioni aderenti alle parti firmatarie della presente intesa” che si impegnano “a non promuovere iniziative di contrasto agli accordi”. La definizione delle “clausole e/o procedure di raffreddamento” , cioè del regime sanzionatorio, è demandata alla contrattazione di categoria, aggiungendosi che “le parti firmatarie della presente intesa si impegnano […] affinché le rispettive strutture ad esse aderenti e le rispettive articolazioni a livello territoriale e aziendale si attengano a quanto concordato”. L’accordo non si riferisce dunque alle organizzazioni che successivamente decidano di aderire all’accordo (ex cobas) ma non è escluso che i vari contratti di categoria estendano la disciplina a dette organizzazioni, specie se, come accade nel regolamento RSU igiene ambientale per partecipare alle elezioni si debba aderire al contratto collettivo di categoria.

Ripetiamo dunque come la questione sia di ordine politico ( e ad onor del vero non è neppure completamente nuova), cioè si deve fare una scelta: o si sceglie di partecipare alle elezioni rsu (problema di stringente attualità nel settore igiene ambientale viste le prossime elezioni) e si aderisce agli accordi interconfederali ( e al contratto collettivo per quanto riguarda l’igiene ambientale) e si rinuncia alla costituzione di rsa perché si ritiene che sia possibile ottenere un risultato positivo alle elezioni e conseguentemente si ritiene utile conseguire almeno una rappresentanza all’interno delle aziende che nessuno potrà contestare (anche se poi l’attività sindacale potrebbe essere minacciata dalle clausole collettive che prevedono l’impegno generalissimo di non porre in essere condotte di contrasto ai contratti collettivi); ovvero si sceglie di non partecipare alle elezioni rsu – non si aderisce e non si accetta il sistema di regole previsto dagli accordi interconfederali del 2011 e del 2013 né dagli accordi di categoria (ed in tal senso tali accordi non ci vincoleranno in alcun modo) -, e si punta tutto sulle rsa e quindi sul sistema di rappresentanza sindacale delineato dall’art. 19 Statuto Lavoratori come risultante dall’intervento della Corte Costituzionale (sentenza n. 231/2013) che ne ha dichiarato l’incostituzionalità (con sentenza additiva) ove «non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale possa essere costituita anche nell’ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell’azienda».

La seconda strada è certamente più complessa perché conflittuale.

Non è escluso inoltre che all’indomani delle nuove elezioni RSU, e l’accento cade sull’igiene ambientale, le nuove rsu elette e le aziende possano porre in essere iniziative tese a delegittimare le RSA superstiti ovvero a negare il diritto alla costituzione di nuove RSA o ancora il diritto a partecipare alle trattative relative alla contrattazione aziendale.

Da questo punto di vista riteniamo che la citata sentenza della Corte Costituzionale non muti lo scenario di molto.

Con l’intervento additivo del Giudice delle Leggi il diritto alla costituzione della rsa non è più ancorato al solo dato formale della sottoscrizione di contratti collettivi applicati in azienda, ma anche al fatto di aver partecipato alla negoziazione relativa a quei contratti, senza averli necessariamente sottoscritti.

La citata sentenza, per quanto suggestiva, lascia impregiudicato il problema circa i limiti alla facoltà datoriale di escludere a monte una associazione sindacale dalle trattative aziendali (problema che ben conosciamo e che si aggiunge allo stesso atteggiamento di ostracismo manifestato dai sindacati confederali) proprio perché ad oggi non esiste una disciplina di fonte legale che sancisca criteri ed indici univoci della rappresentatività sindacale ai fini specifici della partecipazione alle trattative sia sul piano nazionale che aziendale o ai fini della costituzione delle rsa.

Rimanendo sul piano della contrattazione aziendale, in presenza del persistente vuoto normativo e quindi del nodo della rappresentatività, ritengo che l’ambito delle tutele sia rappresentato dall’art. 28 Statuto.

Occorrerà quindi di volta in volta valutare se l’atteggiamento datoriale di negazione della rappresentatività, vuoi ai fini della esclusione dalle trattative aziendali, vuoi ai fini della esclusione del diritto alla costituzione delle RSA e delle prerogative sindacali, configuri una condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 Statuto dei Lavoratori, ossia configuri un atto arbitrario determinato dalla sola volontà di pregiudicare una sigla sindacale non gradita.

La questione rimane complessa e francamente non abbiamo soluzioni certe e sarebbe stupido averle.

A titolo di esempio si potrebbe ritenere che se il rifiuto datoriale a trattare o una condotta tesa a negare il mantenimento di una RSA già costituita risultassero esclusivamente motivati sugli indici di rappresentatività e sulle regole contenute nell’accordo interconfederale del 31 maggio o ancora sul mero dato della non adesione a detto accordo, tali atteggiamenti dovrebbero considerarsi illegittimi specie, appunto, se tenuti nei confronti di una RSA già costituita in azienda e che dunque sino a quel momento doveva ritenersi rappresentativa.

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