Un torto subito da un lavoratore è un torto fatto a tutti (IWW)

Addetti Polizia Municipale

Postato il 9 Novembre 2013 | in Lavoro Pubblico, Sindacato | da

Al comandante M. Bortoluzzi

alla RSPP e Dirigente M. Ballantini

agli Rls

alla Rsu

al peronale Pm

Partiamo da un documento redatto dai Cobas alcuni anni fa sulle problematiche della PM per definire (anche secondo quanto disposto dal D.Lgs.81/08) il profilo di rischio degli addetti alla Polizia Municipale (nel seguito “addetti alla PM”)

Con il sostegno della newsletter Know your rights e sulla base della normativa vigente, analizziamo le attività svolte dagli addetti alla PM affinchè siano inserite all’interno della categoria dei cosiddetti “lavori usuranti”. A tal riguardo si chiede un intervento in tutte le sedi opportune

PROFILI DI RISCHIO PER ADDETTI POLIZIA MUNICIPALE

STRESS LAVORO CORRELATO (SLC)

Per poter comunque asserire in maniera “ufficiale” che, secondo le definizioni correlate al D.Lgs.81/08, il lavoro degli addetti alla PM sia caratterizzato o meno e in che misura da rischio da SLC, occorre fare riferimento allo specifico Documento di Valutazione del Rischio (“DVR”), redatto secondo i contenuti dell’articolo 28, comma 1 del D.Lgs.81/08:

La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a) […] deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004 […]”.

La valutazione del rischio da SLC deve essere condotta secondo i contenuti delle “Indicazioni della Commissione consultiva per la valutazione dello stress lavoro-correlato”, diffuse con lettera circolare del 18/11/10 del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e secondo criteri di valutazione contenuti in linee guida consolidate, quali ad esempio quelle contenute nel documento “Valutazione e gestione del rischio da stress lavoro-correlato – Manuale ad uso delle aziende in attuazione del D.Lgs.81/08 e s.m.i.” pubblicato da INAIL nel maggio 2011.

Ovviamente si dà per scontato che il documento di valutazione del rischio da SLC sia stato redatto dal Comune in maniera corretta, ma in ogni caso, a seguito di vertenze o contenziosi, l’unico documento ufficiale da cui partire è la valutazione del rischio da SLC formalizzata dall’azienda.

LAVORO NOTTURNO

Ai sensi della normativa vigente (articolo 1, comma 2, lettera e) del D.Lgs.66/03) è definito come “lavoratore notturno”:

qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno [periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino] svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale”;

oppure

qualsiasi lavoratore che svolga per almeno tre ore lavoro notturno [cioè lavoro svolto nel periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino] per un minimo di ottanta giorni lavorativi all’anno”.

Una volta verificato che gli addetti alla PM rientrano in tale categoria, il solo fatto di svolgere lavoro notturno comporta di per sé un fattore di rischio legato sia ad aspetti fisici (alterazione dei normali ritmi sonno-veglia) che psichici con evidente aumento del rischio da SLC.

RISCHIO DA INVESTIMENTO E RISCHIO LEGATO ALLA GUIDA DA AUTOVETTURE

Anche senza andare a verificare quanto esposto nel DVR, appare evidente che per gli addetti alla PM questi fattori di rischio siano decisamente maggiori rispetto ad altre tipologie lavorative, contribuendo peraltro all’aumento del livello di SLC.

Va inoltre aggiunto che la guida di autovettura comporta per gli addetti alla PM una sorveglianza sanitaria specifica per accertamento di assenza di condizioni di alcol dipendenza (articolo 41, comma 4).

MICROCLIMA

Anche in questo caso occorre fare riferimento al DVR redatto dal Comune, con particolare riferimento al rischio da esposizione a microclima e in particolare quello derivante da ambienti estremi caldi di estate e ambienti estremi freddi d’inverno.

In questo caso è però evidente che gli esiti della valutazione non possono che essere scontati e non possono individuare che un fattore di rischio elevato per la salute, sia d’estate (esposizione al sole con temperature ambiente superiori ai 30°C, associate alla permanenza su superfici con temperatura superiore ai 50 °C), che d’inverno (temperature ambiente inferiori ai 0°C associate a vento, pioggia, neve).

A tale proposito è esemplificativa la Sentenza n.66/08 della Corte dei Conti Toscana del 01/02/08 (che ti invio in allegato), che individua un preciso nesso causale tra malattia professionale (cardiopatia ischemica) di un addetto alla PM e il l’esposizione a rischio microclimatico da ambiente severo freddo (stress fisico).

ESPOSIZIONE AD AGENTI CHIMICI

Rimandando sempre e comunque al DVR ufficiale del Comune, è indubbio che la presenza pressoché continuativa in aree con elevato inquinamento atmosferico da traffico veicolare e da emissioni degli impianti di riscaldamento delle abitazioni comporti un’esposizione ad agenti chimici nocivi.

Il livello di rischio deve però essere accuratamente individuato mediante specifici campionamenti ambientali e personali, per i quali si possono attingere comunque i dati ai campionamenti effettuati da ARPA per valutare la qualità dell’aria.

ESPOSIZIONE A RUMORE

Rimandando sempre e comunque al DVR ufficiale del Comune, si ritiene che in condizioni usuali di servizio, l’esposizione media giornaliera o settimanale di un addetto alla PM non superi i livelli inferiori di azione definiti per il rumore dal D.Lgs.81/08 (80 dB(A)) e che pertanto non si possa configurare la presenza di rischio per la salute dell’addetto, in termini di possibili danni agli organi dell’udito.

Indubbiamente però la presenza costante in ambienti comunque rumorosi, tra l’altro caratterizzati da tipologie di rumore particolarmente infastidenti (ad esempio suono di clacson, sirena di ambulanze), aumenti il livello di SLC.

FATTORI LEGATI A DIFFERENZE DI GENERE E DI ETA’

Non vanno assolutamente trascurati, nell’ambito di un valutazione dei rischi per la salute degli addetti alla PM, anche i fattori legati alla differenze di genere e di età (la cui valutazione è esplicitamente richiesta dall’articolo 28, comma 1 del D.Lgs.81/08).

Per quanto riguarda la differenza di genere occorre mettere in evidenza come i rischi sopra citati abbiano un effetto negativo decisamente maggiore nelle lavoratrici in gravidanza, tanto che l’articolo 9, comma 3 del D.Lgs.151/03 proibisce esplicitamente il lavoro operativo per le addette alla PM durante il periodo di gravidanza.

Per quanto riguarda l’età, è evidente che i fattori di rischio sopra delineati per gli addetti alla PM aumentano i propri effetti negativi all’aumentare dell’età dell’addetto

ASSENZA O CARENZA DI DPI

I Dispositivi di Protezione Individuali (DPI) devono essere forniti dal datore di lavoro ai lavoratori, in funzione dei rischi specifici individuati nel DVR (articolo 77, comma 1 del D.Lgs.81/08).

Da una prima analisi dei fattori di rischio individuati, agli addetti alla PM devono essere forniti almeno i seguenti DPI:

  • indumenti ad alta visibilità;
  • indumenti di protezione dal freddo e dalla pioggia;
  • protezione delle vie respiratorie;
  • calzature di sicurezza con puntale rinforzato e resistenti all’acqua.

Non appare appropriato la consegna di DPI di protezione dell’udito, sia perché ragionevolmente i livelli di rumore a cui sono esposti gli addetti alla PM non li richiedano, sia perché tali DPI potrebbero influenzare negativamente la percezione di segnali acustici di pericolo.

INFORMAZIONE E FORMAZIONE

Come ogni categoria di lavoratori, anche per gli addetti alla PM vige l’obbligo per il datore di lavoro di erogare informazione e formazione generale e specifica (articoli 36 e 37 del D.Lgs.81/08).

La formazione deve essere erogata secondo quanto disposto dall’Accordo Stato Regioni del 21/12/11 n.221/CSR e per quanto riguarda gli addetti alla PM, trattandosi di attività a rischio medio (secondo l’individuazione delle macrocategoria di rischio relativa ai codici ATECO di cui all’Allegato 2 dell’Accordo citato) deve comportare 4 ore di formazione generale e 8 ore di formazione sui rischi specifici.

LAVORI USURANTI

In merito al fatto che gli addetti alla PM rientrino o meno tra i lavoratori sottoposti a cosiddetti “lavori usuranti”, occorre ancora una volta fare riferimento alla legislazione vigente.

Ad oggi trova applicazione il Decreto Legislativo 21 aprile 2011, n.67 “Accesso anticipato al pensionamento per gli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, a norma dell’articolo 1 della legge 4 novembre 201, n.183” (che ti invio in allegato).

Tale Decreto stabilisce al comma 1 dell’articolo 1 “Lavoratori addetti a lavorazioni particolarmente faticose e pesanti” quanto segue:

In deroga a quanto previsto all’articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 243, come modificato dall’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, possono esercitare, a domanda, il diritto per l’accesso al trattamento pensionistico anticipato, fermi restando il requisito di anzianità contributiva non inferiore a trentacinque anni e il regime di decorrenza del pensionamento vigente al momento della maturazione dei requisiti agevolati, le seguenti tipologie di lavoratori dipendenti:

a) lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti di cui all’articolo 2 del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale in data 19 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 208 del 4 settembre 1999;

b) lavoratori notturni, come definiti e ripartiti ai soli fini del presente decreto legislativo, nelle seguenti categorie:

1) lavoratori a turni, di cui all’articolo 1, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, che prestano la loro attività nel periodo notturno come definito alla lettera d) del predetto comma 2, per almeno 6 ore per un numero minimo di giorni lavorativi all’anno non inferiore a 78 per coloro che maturano i requisiti per l’accesso anticipato nel periodo compreso tra il 1° luglio 2008 e il 30 giugno 2009 e non inferiore a 64 per coloro che maturano i requisiti per l’accesso anticipato dal 1° luglio 2009;

2) al di fuori dei casi di cui al numero 1), lavoratori che prestano la loro attività per almeno tre ore nell’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino di cui all’articolo 1, comma 2, lettera d), del predetto decreto legislativo n. 66 del 2003, per periodi di lavoro di durata pari all’intero anno lavorativo;

c) lavoratori alle dipendenze di imprese per le quali operano le voci di tariffa per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro di cui all’elenco n. 1 contenuto nell’allegato 1 al presente decreto legislativo, cui si applicano i criteri per l’organizzazione del lavoro previsti dall’articolo 2100 del codice civile, impegnati all’interno di un processo produttivo in serie, contraddistinto da un ritmo determinato da misurazione di tempi di produzione con mansioni organizzate in sequenze di postazioni, che svolgano attività caratterizzate dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale, che si spostano a flusso continuo o a scatti con cadenze brevi determinate dall’organizzazione del lavoro o dalla tecnologia, con esclusione degli addetti a lavorazioni collaterali a linee di produzione, alla manutenzione, al rifornimento materiali, ad attività di regolazione o controllo computerizzato delle linee di produzione e al controllo di qualità;

d) conducenti di veicoli, di capienza complessiva non inferiore a 9 posti, adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo”.

Nel caso degli addetti alla PM non trovano applicazione ovviamente, per le caratteristiche stesse dell’attività lavorativa, le definizioni di cui alle lettera c) e d).

Per quanto riguarda invece la lettera a), l’articolo 2 del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 19/05/99 (che ti invio in allegato), recita, al comma 1, quanto segue:

Nell’ambito delle attività particolarmente usuranti individuate nella tabella A, allegata al decreto legislativo 11 agosto 1993, n.374, sono considerate mansioni particolarmente usuranti, in ragione delle caratteristiche di maggiore gravità dell’usura che esse presentano anche sotto il profilo dell’incidenza della stessa sulle aspettative di vita, dell’esposizione al rischio professionale di particolare intensità, delle peculiari caratteristiche dei rispettivi ambiti di attività con riferimento particolare alle componenti socioeconomiche che le connotano, le seguenti, svolte nei vari settori di attività economica:

  • lavori in galleria, cava o miniera: mansioni svolte in sotterraneo con carattere di prevalenza e continuità;
  • lavori nelle cave: mansioni svolte dagli addetti alle cave di materiale di pietra e ornamentale;
  • lavori nelle gallerie: mansioni svolte dagli addetti al fronte di avanzamento con carattere di prevalenza e continuità;
  • lavori in cassoni ad aria compressa;
  • lavori svolti dai palombari;
  • lavori ad alte temperature: mansioni che espongono ad alte temperature, quando non sia possibile adottare misure di prevenzione, quali, a titolo esemplificativo, quelle degli addetti alle fonderie di seconda fusione, non comandata a distanza, dei refrattaristi, degli addetti ad operazioni di colata manuale;
  • lavorazione del vetro cavo: mansioni dei soffiatori nell’industria del vetro cavo eseguito a mano e a soffio;
  • lavori espletati in spazi ristretti, con carattere di prevalenza e continuità ed in particolare delle attività di costruzione, riparazione e manutenzione navale, le mansioni svolte continuativamente all’interno di spazi ristretti, quali intercapedini, pozzetti, doppi fondi, di bordo o di grandi blocchi strutture;
  • lavori di asportazione dell’amianto: mansioni svolte con carattere di prevalenza e continuità”.

Sulla base delle sopracitate definizioni di lavori usuranti, è evidente, che al di là dei rischi specifici sopracitati, la normativa vigente non fa rientrare quella degli addetti alla PM, per la natura delle attività, tra le mansioni sottoposta a lavori usuranti riportati nell’elenco di cui all’articolo 2, comma 1 del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 19/05/99, sopra riportato.

Invece per quanto riguarda la lettera b), gli addetti alla PM possono però rientrare comunque all’interno della classificazione di lavoratori addetti a lavori usuranti, se, indipendentemente dalla tipologia del’attività lavorativa, essi possono essere definiti “lavoratori notturni”, secondo le definizioni riportate dalla lettera b) stessa, che riporto, esemplificando, a seguire:

  • lavoratori a turni (cioè lavoratori il cui orario di lavoro sia inserito nel quadro del lavoro a turni), che prestano la loro attività nel periodo notturno (definito come un periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino), per almeno 6 ore per un numero minimo di giorni lavorativi all’anno non inferiore a 64;
  • al di fuori dei casi di cui sopra, lavoratori che prestano la loro attività per almeno tre ore nell’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino, per periodi di lavoro di durata pari all’intero anno lavorativo.

Se i turni di lavoro per gli addetti alla PM rientrano nella casistica di cui sopra, gli addetti stessi possono essere definiti, secondo il D.Lgs.67/11, come “lavoratori notturni” e di conseguenza come “lavoratori addetti a lavorazioni particolarmente faticose e pesanti”.

In conseguenza di ciò, nelle ipotesi di cui sopra, gli addetti alla PM possono usufruire del trattamento pensionistico agevolato, indicato nel D.Lgs.67/11, purché (articolo 1, comma 2, del medesimo Decreto):

i lavoratori […] abbiano svolto una o più delle attività lavorative [particolarmente faticose e pesanti] per un periodo di tempo pari:

a) ad almeno sette anni, compreso l’anno di maturazione dei requisiti, negli ultimi dieci di attività lavorativa, per le pensioni aventi decorrenza entro il 31 dicembre 2017;

b) ad almeno la metà della vita lavorativa complessiva, per le pensioni aventi decorrenza dal 1° gennaio 2018”.

Al di là della definizione di “lavoro usurante” o meno, per gli addetti alla PM, per tutto quanto attiene all’aspetto previdenziale non siamo in grado di entrare nel merito e pertanto rimandiamo al parere di un esperto di diritto del lavoro.

Leggi i seguenti allegati

http://www.cobasconfederazionepisa.it/wp-content/uploads/2013/11/Decreto-Ministeriale-19-05-99.pdf

http://www.cobasconfederazionepisa.it/wp-content/uploads/2013/11/Decreto-Legislativo-67-11.pdf

http://www.cobasconfederazionepisa.it/wp-content/uploads/2013/11/sentenza-66-08-Corte-Conti-Toscana.pdf

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