Un torto subito da un lavoratore è un torto fatto a tutti (IWW)

Tra Messico e Usa – Il posto delle fragole, in Baja California

Postato il 7 Aprile 2015 | in Mondo, Scenari Politico-Sociali | da

MessicoGli ultimi metri della linea di con­fine fra Mes­sico e Stati uniti sono il sim­bolo della fron­tiera che divide e allo stesso tempo uni­sce i due paesi a un comune destino di sto­ria e di svi­luppo. A Pla­yas de Tijuana la bar­riera di metallo alta sette metri taglia la spiag­gia e pro­se­gue per una cin­quan­tina di metri anche nel bagna­sciuga – come a fran­gere anche i flutti del Paci fico in due emi­sferi distinti.
Qui invece, sui due lati della bar­riera, si sono dati appun­ta­mento cen­ti­naia di mili­tanti per una mani­fe­sta­zione in soli­da­rietà coi brac­cianti della Baja Cali­for­nia in scio­pero da due set­ti­mane con­tro le con­di­zioni disu­mane di lavoro, con salari che si aggi­rano sugli 8 euro per una gior­nata di nove ore nei campi riarsi della valle di San Quin­tin – equi­va­lenti all’incirca al minimo sin­da­cale pagato ma all’ora 200 km più a nord, da que­sta parte del confine.

I cam­pe­si­nos mes­si­cani di quella regione agri­cola rac­col­gono fra­gole, more, pomo­dori e altre ver­dure ven­dute appunto sul mer­cato nor­da­me­ri­cano col mar­chio di grandi gruppi agroa­li­men­tari come la Ber­ry­Mex e la Dri­scoll con sede in Cali­for­nia. Molti di loro, in pre­va­lenza indi­geni emi­grati dallo stato meri­dio­nale di Oaxaca vivono con le loro fami­glie in barac­che senza acqua cor­rente in con­di­zioni spregevoli.

Il 17 marzo scorso i brac­cianti di San Quin­tin sono per la prima volta scesi in sciopero.

I lavo­ra­tori hanno incro­ciato le brac­cia e abban­do­nato i campi su cui la frutta pronta al rac­colto adesso rischia di mar­cire. I mani­fe­stanti hanno orga­niz­zato posti di blocco chiu­dendo il traf­fico sulla strada prin­ci­pale che attra­versa il paese. La rea­zione non si è fatta atten­dere; sul luogo sono giunti con­vo­gli con cen­ti­naia di poli­ziotti in tenuta anti­som­mossa che hanno cari­cato gli scio­pe­ranti. Cen­ti­naia di essi sono stati rin­chiusi e guar­dati a vista per 17 ore in un campo e suc­ces­si­va­mente molti di loro sono stati arrestati.

A San Quin­tin e nei cen­tri limi­trofi i lavo­ra­tori hanno occu­pato alcuni edi­fici gover­na­tivi e un com­mis­sa­riato. Sulle strade e i campi pol­ve­rosi ci sono state bat­ta­glie cam­pali con lan­cio di lacri­mo­geni, pro­iet­tili di gomma e manganellate.

«A San Quin­tin man­cano, case, acqua cor­rente, fogna­ture, tutto ciò che serve a vivere degna­mente — rac­conta Roge­lio Mén­dez, del Frente Indi­gena de Orga­ni­za­cio­nes Bina­cio­na­les (Fiob) che sta coor­di­nando la lotta dei brac­cianti. Dopo i disor­dini l’associazione dei col­ti­va­tori ha accet­tato di nego­ziare ma dopo diversi giorni di trat­ta­tiva l’offerta è stata un misero aumento del 6%, equi­va­lente a pochi cen­te­simi in più al giorno, una pro­po­sta defi­nita «offen­siva» dai cam­pe­si­nos che chie­dono un sala­rio di 200 pesos al giorno, circa 12 euro. Tutto que­sto lo hanno rac­con­tato attra­verso le maglie della rete di fron­tiera i 600 cam­pe­si­nos giunti da sud dome­nica scorsa con una caro­vana di pullma per sen­si­bi­liz­zare un’opinione pub­blica sta­tu­ni­tense abi­tuata a vedere le fra­gole solo nelle anti­set­ti­che con­fe­zioni dei supermarket.

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