November 9, 2024
Gli ultimi metri della linea di confine fra Messico e Stati uniti sono il simbolo della frontiera che divide e allo stesso tempo unisce i due paesi a un comune destino di storia e di sviluppo. A Playas de Tijuana la barriera di metallo alta sette metri taglia la spiaggia e prosegue per una cinquantina di metri anche nel bagnasciuga – come a frangere anche i flutti del Paci fico in due emisferi distinti.
Qui invece, sui due lati della barriera, si sono dati appuntamento centinaia di militanti per una manifestazione in solidarietà coi braccianti della Baja California in sciopero da due settimane contro le condizioni disumane di lavoro, con salari che si aggirano sugli 8 euro per una giornata di nove ore nei campi riarsi della valle di San Quintin – equivalenti all’incirca al minimo sindacale pagato ma all’ora 200 km più a nord, da questa parte del confine.
I campesinos messicani di quella regione agricola raccolgono fragole, more, pomodori e altre verdure vendute appunto sul mercato nordamericano col marchio di grandi gruppi agroalimentari come la BerryMex e la Driscoll con sede in California. Molti di loro, in prevalenza indigeni emigrati dallo stato meridionale di Oaxaca vivono con le loro famiglie in baracche senza acqua corrente in condizioni spregevoli.
Il 17 marzo scorso i braccianti di San Quintin sono per la prima volta scesi in sciopero.
I lavoratori hanno incrociato le braccia e abbandonato i campi su cui la frutta pronta al raccolto adesso rischia di marcire. I manifestanti hanno organizzato posti di blocco chiudendo il traffico sulla strada principale che attraversa il paese. La reazione non si è fatta attendere; sul luogo sono giunti convogli con centinaia di poliziotti in tenuta antisommossa che hanno caricato gli scioperanti. Centinaia di essi sono stati rinchiusi e guardati a vista per 17 ore in un campo e successivamente molti di loro sono stati arrestati.
A San Quintin e nei centri limitrofi i lavoratori hanno occupato alcuni edifici governativi e un commissariato. Sulle strade e i campi polverosi ci sono state battaglie campali con lancio di lacrimogeni, proiettili di gomma e manganellate.
«A San Quintin mancano, case, acqua corrente, fognature, tutto ciò che serve a vivere degnamente — racconta Rogelio Méndez, del Frente Indigena de Organizaciones Binacionales (Fiob) che sta coordinando la lotta dei braccianti. Dopo i disordini l’associazione dei coltivatori ha accettato di negoziare ma dopo diversi giorni di trattativa l’offerta è stata un misero aumento del 6%, equivalente a pochi centesimi in più al giorno, una proposta definita «offensiva» dai campesinos che chiedono un salario di 200 pesos al giorno, circa 12 euro. Tutto questo lo hanno raccontato attraverso le maglie della rete di frontiera i 600 campesinos giunti da sud domenica scorsa con una carovana di pullma per sensibilizzare un’opinione pubblica statunitense abituata a vedere le fragole solo nelle antisettiche confezioni dei supermarket.
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