November 9, 2024
Di fronte a precarietà, disoccupazione e crisi aziendali bisogna trovare il bandolo della matassa per rilanciare un percorso di ricomposizione di una classe lavoratrice frantumata in mille rivoli. La questione salariale, legata strettamente a quella dell’orario di lavoro, è un fattore determinante nella costruzione di una piattaforma per tutti i lavoratori subordinati, dipendenti o precari che siano.
di Massimiliano Murgo
Nel tentativo di rilanciare un percorso di lotta e organizzazione capace di riunificare una classe lavoratrice frantumata, sia sul piano contrattuale che politico e sindacale, la questione salariale, legata strettamente a quella dell’orario di lavoro, è un fattore determinante nella costruzione di una piattaforma in grado di rappresentare le istanze di tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori subordinati (dipendenti o precari che siano).
L’incapacità sempre maggiore del normale ciclo economico di valorizzare adeguatamente i capitali investiti, nonostante il fortissimo utilizzo della speculazione finanziaria, spinge i capitalisti a dover sfruttare maggiormente la classe lavoratrice aumentando la quantità di lavoro e riducendo il più possibile il salario.
In questo modo si è creato un meccanismo che si avviluppa su se stesso perché, riducendo il reddito complessivo di chi lavora, il mercato è a sua volta sempre meno capace di assorbire le merci fuoriuscite dal processo produttivo facendo cadere, almeno tendenzialmente, la capacità di produrre profitto dall’investimento del capitale.
Le scelte del governo Renzi in materia di lavoro e di salario, in continuità con quelli precedenti, seguono perfettamente quelle che sono le scelte strategiche espresse dai padroni e dalle banche, in un intreccio tra interessi delle imprese produttive e del sistema finanziario, che ormai sono quasi una cosa sola. Il cosiddetto Jobs Act è uno strumento di legge che rende de jure (per legge) ciò che de facto (in realtà) avveniva già nel mondo del lavoro: lavorare di più, lavorare quanto serve al padrone, sotto il costante ricatto del licenziamento e a salari che ormai non bastano nemmeno alla sussistenza minima per la gran parte dei lavoratori.
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