Un torto subito da un lavoratore è un torto fatto a tutti (IWW)

La Storia decretata per legge?

Postato il 11 Febbraio 2014 | in Italia, Mondo, Scenari Politico-Sociali | da

Riceviamo e pubblichiamo

1) Altre iniziative segnalate: Firenze 13 febbraio, Napoli 14 febbraio
2) Claudia Cernigoi: Tra Foibe e Risiera, la memoria condivisa (da La Nuova Alabarda)
3) Davide Conti: La storia per legge (da Il Manifesto)
4) Giuseppe Aragno: L’Italia «democratica»: Alessandra Kersevan non ha più diritto di parola
5) FGC-SKOJ-MS: «NO al revisionismo storico sui fatti del confine italo-jugoslavo»
6) Parma: Foibe, blitz degli studenti antifascisti all’Itis di San Secondo (8/2/2014) 
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Firenze, giovedì 13 febbraio 2014
alle ore 21:00 presso il Circolo dei lavoratori di Porta al Prato, ARCI, via delle Porte Nuove 33


FIRENZE ANTIFASCISTA
organizza
NOI RICORDIAMO TUTTO!
incontro e dibattito su revisionismo storico, foibe e confine orientale
con lo storico SANDI VOLK

Napoli, venerdì 14 febbraio 2014
alle ore 19.00 presso l’ex asilo Filangieri- Vico Maffei 7, Napoli (traversa di San Gregorio Armeno)
Dibattito/Cine Forum
“Non ricordiamo le foibe… Celebriamo la Resistenza!”

Per demistificare il revisionismo storico e la retorica fascista e nazionalista costruita intorno alla vicenda delle “foibe”, proponiamo insieme all’ANPI Napoli un’iniziativa pubblica di studio e riflessione.

Ne discuteremo con:Giuseppe Aragno, storico;
Bianca Braccitorsi, staffetta partigiana – Consiglio naz. ANPI;
Daniele Maffione, Responsabile ANPI giovani e scuola – Napoli;

– Aperitivo sociale, seguito dalla proiezione del film doc britannico: “Fascist legacy“, sui crimini di guerra compiuti dall’esercito fascista italiano.

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TRA FOIBE E RISIERA, LA MEMORIA CONDIVISA
L’istituzione a breve distanza dalla Giornata della Memoria (27 gennaio) del Giorno del Ricordo (10 febbraio), ha di fatto comportato un interessante evoluzione nell’ambito del concetto di “memoria condivisa”.
Vogliamo premettere intanto che bisogna distinguere tra storia e memoria: la storia è una materia scientifica, una raccolta di fatti inequivocabili: le interpretazioni possono poi essere diverse, ma è un dato di fatto, ad esempio, per i fascisti il 28 ottobre (Marcia su Roma) rappresenta una giornata di festa, mentre per gli antifascisti la fine della democrazia, pur trattandosi di un evento unico, così come il 25 aprile, giorno in cui si celebra la Liberazione dal nazifascismo è per i nazifascisti giornata di lutto.
Ciò detto, entriamo nel merito della questione, iniziando da come l’accezione degli storici Raoul Pupo e Roberto Spazzali (che sembra avere ormai fatto scuola) definisce il concetto di “foibe” e di “infoibati”.
Quando si parla di foibe ci si riferisce alle violenze di massa a danno di militari e civili, in larga prevalenza italiani, scatenatesi nell’autunno del 1943 e nella primavera del 1945 in diverse aree della Venezia Giulia e che nel loro insieme procurarono alcune migliaia di vittime. È questo un uso del termine consolidatosi ormai, oltre che nel linguaggio comune, anche in quello storiografico, e che quindi va accolto, purché si tenga conto del suo significato simbolico e non letterale (in “Foibe”, Mondadori 2003).
Dunque accettiamo questa semplificazione, pur non corretta nel suo significato “letterale”, e facciamo alcuni esempi concreti.
Il 27 gennaio commemoriamo nella Risiera di San Sabba i quattro caduti della missione alleata del capitano Valentino Molina: il capitano stesso, il tenente colonnello Francesco Sante De Forti, Guido Gino Pelagalli e la signora Clementina Tosi vedova Pagani, uccisi dai nazisti il 21/9/44.
Il 10 febbraio, come “infoibati”, commemoriamo Alfredo Germani, Remo Lombroni; Ermanno Callegaris e Giovanni Burzachechi, componenti del Gruppo Baldo agli ordini delle SS, che causarono l’arresto e la morte della Missione Molina: furono arrestati dall’Ozna nel maggio 1945 e compaiono in quell’elenco di incarcerati a Lubiana che risultano “fatti uscire” in date specifiche e dei quali non si sa se furono condannati a morte o trasferiti altrove, tranne Callegaris che morì in prigionia.Il 27 gennaio commemoriamo gli agenti di custodia deportati nei lager, tra i quali, grazie alla testimonianza di due che furono deportati e rimpatriati (Salvatore Leone e Paolo Lopolito) troviamo il nome di Francesco Tafuro che invece vi perse la vita e possiamo anche leggere (sentenza del Tribunale militare di Padova del 25/10/49) che a causare queste deportazioni fu Ernesto Mari, capo degli agenti di custodia, che a Lopolito disse la sera precedente la partenzae: Come vedi ti ho fatto seguire la via dell’agente Leone: domani partirai per la Germania”. Prosegue la sentenza: “il 18 agosto effettivamente Lopolito veniva deportato e dopo avere subito maltrattamenti e digiuno al campo di concentramento, poté rientrare a Trieste, nei primi del maggio 1945 in miserevoli condizioni”.
Inoltre alla vedova dell’agente Tafuro, che era stato deportato in Germania, era stato detto, il 27/4/45 che il marito stava per tornare ed allora “era andata a pregare il Mari stesso perché intervenisse con la sua opera per far tornare suo marito. A tale preghiera il Mari dichiarò che aveva fatto quanto era nelle sue possibilità e che pertanto non poteva più far nulla, che nessuna colpa egli aveva dell’internamento; e poiché la Tafuro, disperata, alzò il tono di voce egli, prendendola per un braccio la minacciò: stia zitta, che se no, la faccio finire in Germania anche lei”. Lo stesso giorno la donna ricevette la comunicazione che il marito era morto in Germania il 3 marzo”.
Ernesto Mari, arrestato in seguito a queste accuse mossegli dai suoi ex sottoposti, fu ucciso e gettato nell’abisso Plutone da un gruppo di criminali comuni infiltratisi nella Guardia del popolo jugoslava, e pertanto viene commemorato ogni dieci febbraio. Inoltre al suo nome è stata intitolata la caserma degli agenti di custodia a Trieste.

Durante il rastrellamento di Boršt, operato il 10/1/45 da un contingente unito di SS ed Ispettorato Speciale di PS, furono uccisi tre partigiani, mentre un terzo, il ventenne Danilo Petaros fu catturato dopo essere stato gravemente ferito, e fu ucciso in Risiera il 5/4/45, quindi è tra coloro che commemoriamo il 27 gennaio. Ma il 10 febbraio commemoriamo, come “infoibati”, diversi responsabili della sua morte e della morte e degli arresti dei suoi compagni: l’agente dell’Ispettorato Mario Fabian, identificato tra coloro che partecipavano alle torture degli arrestati con la corrente elettrica (che sarebbe stato ucciso da partigiani e gettato nella foiba di Basovizza) e gli altri agenti che compaiono nella “foto ricordo” scattata prima del rastrellamento Matteo Greco (infoibato nella Plutone come Mari da infiltrati nella Guardia del Popolo), Dario Andrian (arrestato e scomparso), Francesco Giuffrida e Gaetano Romano, che risultano invece arrestati e condotti a Lubiana.

Fu ucciso in Risiera il poliziotto aderente ai GAP di Trieste Adriano Tamisari, arrestato dall’Ispettorato Speciale di PS, e di una sessantina di agenti di questo corpo commemoriamo la scomparsa il 10 febbraio, in quanto arrestati dagli Jugoslavi. Tra di essi Alessio Mignacca, resosi colpevole di avere ucciso in un tentativo di fuga il partigiano Francesco Potocnik (in via Giulia) e freddato nella casa dello zio il giovane Agostino Trobez (28/10/44) che era appena arrivato dal Vipacco per partecipare alla Resistenza. Assieme a Mignacca l’agente Romano, anch’egli scomparso a Lubiana.
Mignacca, inoltre fu accusato dalla signora Umberta Giacomini, di avere partecipato al pestaggio della stessa, provocandole un aborto (era incinta di quattro mesi), assieme al commissario Collotti (il “capo” della “banda” che da lui prese il nome) e ad altri due agenti, uno dei quali, Domenico Sica, è anche tra coloro che vengono commemorati il 10 febbraio, in quanto arrestato e scomparso a Lubiana.
Un altro “infoibato” che viene commemorato il 10 febbraio è l’agente dell’Ispettorato Mario Suppani, che fu tra i responsabili dell’arresto, e della successiva esecuzione capitale, dell’anziano militante del Partito d’Azione Mario Maovaz, fucilato il 28 aprile 1944; Suppani, che prese parte anche agli arresti di altri esponenti del CLN giuliano (Paolo Reti, ucciso in Risiera, Ercole Miani, don Marzari ed altri che furono invece liberati), fu arrestato dagli Jugoslavi e condotto a Lubiana, scomparso.
Fu arrestato dagli Jugoslavi e condotto a Lubiana anche il responsabile dell’arresto di 64 abitanti di Ronchi deportati nei lager, 25 dei quali non fecero ritorno: Ferruccio Soranzio, che partecipò anche ad altri rastrellamenti nella provincia di Trieste viene commemorato il 10 febbraio, in quanto non risulta avere fatto ritorno in patria.

Questi sono solo alcuni esempi, ma il caso più eclatante di persona che viene commemorata ufficialmente è quello dell’ultimo prefetto di Zara italiana, Vincenzo Serrentino (fondatore del Fascio in Dalmazia, squadrista, ufficiale della Milizia, Direttorio del PFR) che aveva anche svolto il ruolo di giudice a latere (assieme a Pietro Caruso, che fu poi fucilato a Roma alla fine della guerra) del Tribunale Speciale per la Dalmazia (composto, oltre da Caruso e Serrentino dal presidente, il generale Gherardo Magaldi), che si spostava in volo da Roma per emanare condanne a morte ad antifascisti. Denunciato come criminale di guerra alle Nazioni unite, si era rifugiato a Trieste, dove fu arrestato l’8/5/45, sottoposto a processo e fucilato a Sebenico un paio di anni dopo.

La storia è unica, si diceva, ma la memoria è diversa. Così difficile creare una memoria condivisa tra i parenti di Maovaz e quelli di Suppani, però istituendo due giornate diverse per ricordare i diversi morti ci si riesce perfettamente: ecco un altro miracolo italiano!

Febbraio 2014

(Claudia Cernigoi)
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La storia per legge

Davide Conti
su Il Manifesto del 4.2.2014
Giorno del ricordo. Dieci anni fa l’«istituzione» delle celebrazioni, all’insegna delle “larghe intese”
Se per la «seconda repub­blica» quella delle lar­ghe intese rap­pre­senta una for­mula di governo recente la memo­ria con­di­visa, costruita da voti par­la­men­tari bipar­ti­san e bene­detta dal Qui­ri­nale, si è con­fi­gu­rata negli anni come para­digma consolidato. Tutte le date della memo­ria sono state sta­bi­lite a larga con­di­vi­sione, evi­den­ziando come i par­titi nati dal nuovo conio degli anni ’91-’94 abbiano sosti­tuito con un loro calen­da­rio la nar­ra­zione della «prima repub­blica», incen­trata sulla reto­rica cele­bra­tiva della Resi­stenza, con­fi­gu­rando uno spa­zio pub­blico e un qua­dro poli­tico total­mente de-storicizzato come evi­den­ziano le risse segnate da con­fuse sovrap­po­si­zioni che alter­nano «boia chi molla» a «squa­dri­sti», «nuova resi­stenza» a «bella ciao», e che carat­te­riz­zano il dibat­tito tra mag­gio­ranza di lar­ghe intese, destra ber­lu­sco­niana inclusa, e oppo­si­zione gril­lina. Un par­la­mento così dovrebbe riscri­vere la Costituzione. Il tema dell’uso pub­blico e poli­tico della sto­ria non è certo nuovo. In Ita­lia però ha assunto un forma par­ti­co­lare con­trap­po­nendo l’eloquio for­mal­mente pole­mico che ha accom­pa­gnato l’istituzione delle leggi sulla memo­ria ad una com­patta e larga forma di «soste­gno di neces­sità» sui nuovi metodi della divul­ga­zione della sto­ria patria fina­liz­zati a garan­tire reci­proco rico­no­sci­mento e con­cor­dia nazio­nale. Il pas­sag­gio dall’affermazione di que­sto metodo legi­sla­tivo storico-memoriale alla sua esten­sione come prassi nella dimen­sione politico-contingente è risul­tato, in ultimo, quasi consequenziale. Il giorno del ricordo però più di altre date ha diviso. Il Pre­si­dente Ciampi, eletto bipar­ti­san come il Napo­li­tano II°, nell’ottica del ria­dat­ta­mento del discorso civile ai tempi nuovi della «seconda repub­blica» si pro­digò nel costruire una reto­rica neo-risorgimentale imper­niata sul tema dell’unità nazio­nale e del patriot­ti­smo costi­tu­zio­nale, eser­ci­tando una “com­pres­sione” uni­ta­ria delle vicende sto­ri­che del paese che finì per acco­gliere nel pan­theon con­di­viso anche il viag­gio al sacra­rio di El-Alamein e lo spi­rito della legge del ricordo varata durante la sua presidenza. Nel 2007 la prima cele­bra­zione del 10 feb­braio del Napo­li­tano I° si aprì invece con uno scon­tro diplo­ma­tico con l’allora pre­si­dente croato Stipe Mesic che ricordò i cri­mini di guerra fasci­sti in rispo­sta al Qui­ri­nale che aveva par­lato di «puli­zia etnica slava» con­tro gli ita­liani. Con­flitto poi ricom­po­stosi con l’incontro uffi­ciale di Napo­li­tano con i pre­si­denti Türk e Josi­po­vic alla «Narodni Dom» di Trie­ste, incen­diata dai fasci­sti nel 1920, che segnò quan­to­meno una discon­ti­nuità nella nostra rap­pre­sen­ta­zione pub­blica nazionale. Tut­ta­via la divul­ga­zione sto­rica è ampia­mente dele­gata a fic­tion, scoop gior­na­li­stici, spet­ta­coli tea­trali e can­zoni. Così la rico­stru­zione di una que­stione tra­gica e dolo­rosa come le foibe e l’esodo è affi­data ad un pro­flu­vio di espe­dienti nar­ra­tivi ad alta den­sità di pub­blico e pre­sen­tati con l’immancabile man­tra del «final­mente luce sulla sto­ria taciuta» che accom­pa­gna il nuovo lin­guag­gio di tra­smis­sione sto­rica scelto dalla comu­ni­ca­zione poli­tica. Di con­tro resi­ste solido il muro innal­zato sui cri­mini degli «ita­liani brava gente» e sull’impunità garan­tita dalla «repub­blica anti­fa­sci­sta» ai mas­simi ver­tici mili­tari del regio esercito. Come chiosa sull’interpretazione tutta ita­lica della «memo­ria con­di­visa» è sem­pre utile ricor­dare come a tutt’oggi man­chi la pub­bli­ca­zione uffi­ciale, con tanto di tim­bri dello Stato, dei risul­tati della com­mis­sione italo-slovena isti­tuita dai governi di Roma e Lubiana e for­mata in pari rap­pre­sen­tanza da sto­rici dei due paesi. In Slo­ve­nia è stato fatto. Nella rela­zione finale, pub­bli­cata da Edi­tori Riu­niti, si docu­men­tano il «fasci­smo di fron­tiera» degli anni ’20, i cri­mini ita­liani in Jugo­sla­via, la depor­ta­zione di quasi 100.000 jugo­slavi in campi d’internamento fasci­sti, le foibe e le vio­lenze jugo­slave del set­tem­bre ’43 e mag­gio ’45, fino all’esodo degli ita­liani. È pro­ba­bil­mente per que­sto che siamo a ancora in attesa della pre­sen­ta­zione uffi­ciale di quelle carte nel nostro paese. Magari in un pros­simo giorno sta­bi­lito per legge.
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L’Italia «democratica»: Alessandra Kersevan non ha più diritto di parola

06/02/2014 di giuseppearagno
Da giorni ad Alessandra Kersevan, studiosa seria e preparata, che documenta ogni sua ricerca con grande scrupolo e notevole capacità professionale, si sta impedendo di parlare. Avrebbe diritto di farlo, anche se dicesse sciocchezze, ma non è così. In sua difesa, si dovrebbero sollevare tutti, anche gli avversari. Non parla nessuno. La Boldrini, Grasso, Napolitano recitano, predicano, ma assieme pensano a come far passare una legge liberticida contro quello che chiamano «negazionismo», e punta invece a cancellare la libertà di ricerca, di pensiero e di opinione. Ci mancano solo le manette. Verranno anche quelle, temo. Chissà se qualcuno si sveglierà dal sonno e finalmente proverà a dire basta.
So quanto vale Alessandra. Con lei ho scritto un libro e mi permetto di dire che tutti dovrebbero leggerlo,perché è raro trovare tanta chiarezza, una così indiscutibile documentazione su argomenti che si avviano a diventare una sorta di religione di Stato sulla quale è proibito discutere.  Purtroppo non è più facile da reperire, ma non escludo che si possa ristampare.
Sono solidale con Alessandra Kersevan e non ho dubbi: chi vuole che stia zitta è semplicemente fascista. Qui, su questo blog, ha ed avrà diritto di parola. E chi vuole può ascoltarla. E’ solo un’intervista e si vede che è scossa, ma la sua accusa è chiarissima e la faccio mia: in Italia c’è ormai un regime, una vergognosa, vile e intollerabile dittatura.

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FGC-SKOJ-MS: «NO AL REVISIONISMO STORICO SUI FATTI DEL CONFINE ITALO-JUGOSLAVO.»

In questi anni, dalla caduta del socialismo reale nei paesi dell’est Europa ad oggi, abbiamo assistito ad un’ondata di revisionismo storico sui fatti della seconda guerra mondiale che non ha precedenti. Il revisionismo storico ha come principale obiettivo la condanna del comunismo e delle azioni dei partigiani comunisti, contestualmente alla riabilitazione di personalità compromesse con i regimi fascisti e nazisti, l’equiparazione dei partigiani con i militanti fascisti. La crisi economica del capitalismo e l’incapacità di questo sistema di uscire dalle sue contraddizioni, spingono i governi ad aumentare le politiche anticomuniste e le campagne revisioniste, per distruggere nei lavoratori l’idea di un’uscita dalla crisi in senso comunista.

Anche le vicende del confine Italo-Jugoslavo sono state utilizzate a pretesto di questa operazione, al fine di equiparare l’esercito partigiano jugoslavo a quello fascista, nascondendo le responsabilità storiche dell’Italia nel periodo fascista, facendo passare i carnefici per vittime, i liberatori per invasori. Nel 2004 in Italia su pressione delle forze di destra, e con la complice accettazione dei partiti di centrosinistra, è stata istituita la “Giornata del Ricordo” che il 10 febbraio di ogni anno commemora le vittime del confine orientale nelle foibe e gli esuli dai territori istriani e dalmati.

La questione delle foibe, viene completamente manipolata. Le ‘vittime’ processate dai partigiani, (non più di 700 documentate) erano state in buona parte a loro volta carnefici, tanto che i premiati per il Giorno del Ricordo sono in prevalenza militi repubblichini. Il numero delle vittime aumentato decine e decine di volte rispetto alle stime storiche, al fine di equiparare artificiosamente le vicende del confine Italo –Jugoslavo con la portata dei crimini nazi-fascisti. Viene rimosso il legame con il regime fascista della stragrande maggioranza dei prigionieri politici uccisi per rappresaglia, e addebitati ai partigiani delitti comuni al fine di gonfiare arbitrariamente il numero delle vittime, e dare l’impressione di una  guerra etnica contro gli italiani. Così anche le motivazioni e i numeri del famigerato “esodo” sono anch’essi inventati e strumentalizzati. Le autorità Jugoslave, al contrario di quanto viene detto sulla presunta ed inventata pulizia etnica, fecero di tutto per far rimanere la popolazione italiana in Jugoslavia, come negare e ritardare il rilascio dei necessari documenti per l’espatrio. Decine di migliaia di italiani continuarono a vivere in Jugoslavia ed oltre un migliaio addirittura vi emigrò dall’Italia.

Al contrario nulla viene detto dell’italianizzazione forzata, dei campi di concentramento, della sistematica uccisione dei dissidenti politici, della vera guerra etnica che anni prima il regime fascista combatté contro le popolazioni jugoslave dei territori annessi all’Italia. Mentre oggi si criminalizza il ruolo delle forze partigiane italiane e jugoslave che insieme liberarono l’Italia nord orientale dalla schiavitù nazi-fascista, si dimenticano le parole che Mussolini pronunciò riferendosi alla politica da tenere nei confronti delle popolazioni jugoslave nei territori italiani: «Di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell’Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani». Non si trattava solo di un’affermazione, ma di una precisa politica che lo stato fascista perseguì nei confronti delle popolazioni jugoslave, con l’apertura di campi di concentramento a Kraljevica, Lopud, Kupari, Korica, Brac, Hvar, Rab (isola di Arbe) nei quali furono internati migliaia di prigionieri politici e cittadini che si opponevano alla politica fascista. Parole tradotte in azione dai generali fascisti dell’esercito italiano, come quando il Generale Robotti sosteneva in una circolare militare che «si ammazza troppo poco», riferendosi alla situazione delle province jugoslave.I crimini nazi-fascisti vengono accuratamente nascosti e si tenta di far passare i partigiani italiani e jugoslavi che combatterono gli eserciti del Reich e della Repubblica Sociale Italiana come assassini, eludendo così le responsabilità storiche e politiche del fascismo, che sono responsabili di quanto accadde.

Come organizzazioni giovanili di diversi paesi coinvolti nelle vicende del confine Italo-Jugoslavo, confermando la nostra amicizia e la reciproca solidarietà ed azione comune, ci impegniamo a:

–       Difendere la memoria della lotta partigiana e del ruolo primario dei comunisti nella liberazione dal fascismo, oggi minacciata dal revisionismo e dal tentativo di equiparazione storica tra fascismo e comunismo, aumentando le azioni comuni in difesa della memoria storica e del contributo dei partigiani comunisti jugoslavi ed italiani alle lotte di liberazione nei nostri paesi;

–       Rigettare ogni forma di nazionalismo, rifugio di un capitalismo in crisi, e ogni conflitto tra i nostri popoli, sviluppando a partire dalle nostre organizzazioni la più alta forma di solidarietà e internazionalismo proletario, lavorando assieme affinché i nostri popoli possano vivere un futuro di pace e cooperazione solidale;

–       Diffondere tra le nuove generazioni la memoria storica e insieme ad essa la consapevolezza che solo il socialismo può rappresentare la liberazione reale dei popoli dalla schiavitù e dalla minaccia sempre attuale della guerra, imposta per gli interessi dei monopoli e a danno dei lavoratori e dei popoli.

 Morte al fascismo, libertà al popolo!  – Smrt fašizmu, Sloboda narodu!

FGC – Fronte della Gioventù Comunista (Italia) – SKOJ – Lega della Gioventù Comunista di Jugoslavia (Serbia) – MS – Gioventù Socialista (Croazia)

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Foibe, blitz degli studenti antifascisti all’Itis di San Secondo

Foibe, blitz degli studenti antifascisti all’Itis di San Secondo

Stamattina una trentina di studenti del Kollettivo Giovanile Autogestito sono andati all’Itis di San Secondo con striscioni e volantini per protestare contro l’istituzione del Giorno del Ricordo

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Redazione ParmaToday 8 febbraio 2014

Foibe, blitz degli studenti antifascisti all’Itis di San Secondo

Lunedì 10 febbraio è la Giornata Nazionale per le vittime foibe. Stamattina una trentina di studenti del Kollettivo Giovanile Autogestito sono andati alll’Itis di San Secondo con striscioni e volantini per protestare contro l’istituzione del Giorno del Ricordo. Lo striscione tenuto dai ragazzi recitava ‘Contro le menzogne di Stato, ora e sempre antifascisti’. Si sono posizionati all’ingresso ed hanno fatto alcuni interventi al megafono e distribuito volantini agli studenti, che stavano entrando a scuola.

IL VIDEO DELLA PROTESTAhttp://www.parmatoday.it/cronaca/video-blitz-studenti-antifascisti-san-secondo.html

“Non accettiamo -hanno dichiarato gli studenti- che all’interno di questa scuola esistano gruppi dichiaratamente neofascisti che godono dell’appoggio dello Stato e delle Istituzioni. Siamo qui in questo giorno perchè il 10 febbraio i gruppi neofascisti celebreranno il Giorno del Ricordo, istituito nel 2004 per ricordare le cosidette vittime italiane delle Foibe. La verità storica è un’altra: qualche centinaio di italiani erano perlopiù funzionari dell’Amministrazione fascista. La Resistenza popolare jugoslava ha contato anche sull’appoggio di diversi italiani: già questo fatto dimostra che non c’era la volontà di fare una pulizia etnica”.

LA NOTA DEGLI STUDENTI. “Nella mattina dell’8 febbraio alle 8:30 davanti all’ I.T.I.S. di San Secondo, il K.G.A. (KOLLETTIVO GIOVANILE AUTOGESTITO ha effettuato un volantinaggio sul tema delle foibe, denunciando il revisionismo storico messo in atto dai gruppi neofascisti e dallo stato Italiano. Questi ritengono che gli italiani caduti in Jugoslavia siano state vittime dell’odio razziale provato dai partigiani Sloveni. La realtà storica è però tutt’altra il fatto delle foibe che riguardano la morte di alcune centinaia di Italiani per lo più funzionari dell’amministrazione Fascista, si spiegano con l’odio popolare e la rivolta nei confronti del regime Italo – fascista occupante dal ’41 di diversi territori della Ex Jugoslavia rendendosi responsabile di innumerevoli crimini di guerra per attuare il loro progetto di pulizia etnica nei confronti della popolazione Jugoslava mietendo 1.500.000 vittime”.

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