December 2, 2024
Riceviamo e pubblichiamo
Quella “europeista” è una storia di 50 anni di elaborazioni verticistiche, antiparlamentari e anticomuniste che nell’accentuarsi delle nuove contraddizioni capitalistiche a misura del transito dall’Europa dei “sei” a quella del “15” e “25” rappresenta da sempre il banco di prova della volontà dei gruppi dirigenti anticomunisti, consapevoli della crescente difficoltà che presentava in Europa -–a differenza che negli USA e in Gran Bretagna sempre coerenti nel loro conservatorismo di fondo – la tenuta dell’ambigua ideologia dello “stato di diritto” sotto la pressione di una società di massa, che rendeva ineludivibile l’adozione da parte dello stesso stato capitalistico, non solo di nuove misure di ordine pubblico militare e poliziesco, ma anche di misure di “ordine pubblico economico”.
Versione “ristretta” ad uso di giornali quotidiani
Si usa insistere sulla rozza distinzione tra euroentusiasti e eroscettici, per non contestualizzare e non valutare il degrado “istituzionale”, ossia della democrazia e delle sue “concrete” forme di organizzazione, di una Comunità europea fondata con i Trattati del 1957 come comunità “economica”. Da allora sviluppatasi in 50 anni di elaborazioni verticistiche ed antiparlamentari, sfociate in una “convenzione” di 102 membri che però non hanno mai votato il testo della c.d. “costituzione europea”: per decisione imposta dal Presidium (Ziller, La costituzione europea, pagg.116-123) di procedere “per acclamazione” (peggio del sistema sovietico, dove il voto era comunque previsto e come nel sistema fascista, in cui il voto era formalmente precluso).
Nata come “mercato del carbone e dell’acciaio” (Benelux) e, poi, diventata “mercato comune” (Mec), si caratterizza come “cosa” propria del mercato d’impresa capitalistica, di cui oggi si vorrebbe costituzionalizzare la tipologia istituzionale innervatasi per 50 anni, ribadendo che “l’asse degli obbiettivi dell’Unione è costituito dal mercato unico”, dominato dal potere d’indirizzo economico-programmatico della BCE e del suo Governatore privo di legittimazione elettorale come tutta la sua “squadra” di Banchieri centrali di ogni Paese, che rispondono a lui e non ai loro Parlamenti.
L’hanno chiamato e riconosciuto tutti come “deficit democratico europeo”, che con spregiudicatezza, anziché superarlo lo si vuole canonizzare col Trattato inter-governativo – c.d. “costituzione” – bocciato dal popolo francese. “Deficit democratico” che è l’emblema sotto cui si concreta l’esplicito l’arretramento persino dalla “civiltà giuridica” tanto enfatizzata dal costituzionalismo liberale. “Deficit democratico” europeo che ha un effetto di trascinamento di tutte le istituzioni e Costituzioni dei Paesi che – dalla Liberazione del nazi-fascismo in poi – sono progrediti verso la democrazia, specie in stati-nazione come l’Italia. La cui Costituzione può dirsi l’esatto contrario di quella “europea”, a cui la si vuole subordinare per cancellare il “caso italiano” di democrazia troppo e insopportabilmente avanzata per chi si rifà al ‘700 e al suo vetero e superato costituzionalismo liberale anglo-americano, nonché al suo omologo “modello tedesco” – il c.d. “cancellierato” -, erede dell’autoritarismo bismarckiano. 50 anni in cui tutte le istituzioni sono state trascinate nel gorgo dell’involuzione autoritaria dei Trattati di Roma fino a quelli di Maastricht, Amsterdam, Nizza, come si vede dal fatto che non c’è stata una cancellazione degli stati ma bensì del ruolo dei loro Parlamenti.
Resi del tutto subalterni ad un sistema istituzionale fatto di organi monocratici i vecchi e di nuovo conio (dal Presidente della Commissione europea, al Presidente del Consiglio europeo, al Ministro degli affari europei); e di organi collegiali ma di vertice (il Consiglio europeo, il Consiglio dei ministri, la Commissione europea, e la Corte di giustizia). Donde la natura cadetta di un Parlamento che – precisiamo – non è un Parlamento “europeo” ma un insieme di parlamentari nazionali, eletti da meno del 50% degli aventi diritto.
Trattasi di una superfetazione costituzionale, resasi necessaria per completare l’operazione volta a inglobare e comprimere, in un sistema “a castello” dominato dalla “costituzione economica” e culminante nei poteri relativi alla moneta unica, quei principi concernenti la vita politica, sociale e civile dei popoli d’Europa. Principi che, surrettiziamente, vengono degradati assieme alle ragioni che all’origine li avevano coinvolti come “popoli” e non come semplici ”cittadini”, tramite un ritorno indietro dallo “stato comunità” italiano e dalla “sovranità popolare” della nostra Costituzione, alle forme dello “stato-apparato” e alla sovranità di apparati concentrata nel circuito, tecnocratico, del “governament” europeistico e delle “corporate governace” delle imprese finanziarie e industriali, sotto l’egida delle banche centrali capeggiate dalla BCE. Tanto che nella c.d. “costituzione europea”, la “sovranità popolare” non è neanche nominata: sostituita da gruppi di potere o di amici che si dicono ‘opinione pubblica”; e da tecnocrazie finanziarie e amministrative distribuite sia nazionalmente sia internazionalmente che ghettizzano i popoli e la società.
Mov. Antifascista Difesa e RILANCIO Costituzione – Salvatore D’Albergo e Angelo Ruggeri (Centro Naz. Il Lavoratore)
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Quella “europeista” è una storia di 50 anni di elaborazioni verticistiche, antiparlamentari e anticomuniste che nell’accentuarsi delle nuove contraddizioni capitalistiche a misura del transito dall’Europa dei “sei” a quella del “15” e “25” rappresenta da sempre il banco di prova della volontà dei gruppi dirigenti anticomunisti, consapevoli della crescente difficoltà che presentava in Europa -–a differenza che negli USA e in Gran Bretagna sempre coerenti nel loro conservatorismo di fondo – la tenuta dell’ambigua ideologia dello “stato di diritto” sotto la pressione di una società di massa, che rendeva ineludivibile l’adozione da parte dello stesso stato capitalistico, non solo di nuove misure di ordine pubblico militare e poliziesco, ma anche di misure di “ordine pubblico economico”.
Così i leaders dei governi anticomunisti di Francia, Germania e Italia, dopo l’avvio del processo di democratizzazione seguito alla sconfitta del nazifascismo, si sono preoccupati di escogitare soluzioni politico-istituzionali c.d. “sopranazionali”, idonee ad aggirare le Costituzioni nazionali e ad attuare quella separazione tra “sociale” ed “economico” e “politico” che la borghesia con l’ausilio dell’ideologia giuridica (così bene e variamente analizzata da Gramsci), ha costantemente mirato a far valere entro le tensioni della lotta di claase legittimata dalle teorie antifasciste della “sovranità popolare”, rivelatasi insopportabile per la borghesia nel tornate di lotte di classe degli anni 70.
Tali elaborazioni verticistiche e antiparlamentari e anticomuniste, sono sfociate in una “convenzione”di 102 membri (tra cui il fascista Fini e il craxiano Amato), che però il testo della c.d. “costituzione europea” non l’hanno mai votato: per decisione imposta dal Presidium (Ziller, La costituzione europea, pagg116-123) di procedere “per acclamazione” (peggio del sistema sovietico, dove il voto era comunque previsto e come nel sistema fascista, in cui il voto era formalmente precluso). E’ solo “l’ultima” di una “Unione europea”, nata, cresciuta e rimasta “cosa” del mercato d’impresa capitalistica. Anzi, una superfetazione del mercato: da quando – pochi ricordano – era “mercato del carbone e dell’acciaio”, poi “mercato comune” (Mec), fino ad oggi che si vuole costituzionalizzare tale tipologia innervatasi nei 50 anni, stabilendo che “l’asse degli obbiettivi dell’Unione è costituito dal mercato unico”.
Ponendo in cima al “castello” istituzionale europeo una banca: la Banca centrale europea, del tutto irresponsabile (cioè non risponde) non solo verso le Assemblee elettive ma anche verso i governi che, di fatto, diventano “esecutivi” non del Parlamento, ma degli indirizzi economico-programmatici della BCE e del suo Governatore, dotato di una “squadra” al suo servizio: i Banchieri centrali di ogni Paese, che rispondono a lui e non ai loro Parlamenti.
Si chiama ed è riconosciuto da tutti come “deficit democratico europeo”, ma anziché superarlo l’hanno canonizzato col Trattato inter-governativo, bocciato dal popolo francese proprio perché e come mai prima nella storia, eleva a principio costituzionale le forme di produzione e di mercato dell’impresa capitalistica.
“Deficit democratico”, è l’emblema sotto cui si sta concretamente esplicitando l’arretramento persino dalla “civiltà giuridica” enfatizzata e propria del costituzionalismo liberale.
“Deficit democratico” europeo che ha un effetto di trascinamento di tutte le istituzioni e Costituzioni dei Paesi che – dalla Liberazione del nazi-fascismo in poi – sono progrediti verso la democrazia, specie in stati-nazione come l’Italia. La cui Costituzione può dirsi l’esatto contrario di quella “europea” a cui la si vuole subordinare, per cancellare il “caso italiano” di democrazia troppo e insopportabilmente avanzata per chi si rifà al 700, al vecchio e superato costituzionalismo liberale anglo-americano; o al “cancellierato” erede dell’autoritarismo tedesco da Bismark in poi. In 50 anni tutte le istituzioni sono state trascinate nel gorgo dell’involuzione autoritaria dei Trattati di Roma fino a quelli di Maastricht, Amsterdam, Nizza, con la cancellazione non già degli stati ma del ruolo dei loro Parlamenti.
Il tutto con una superfetazione istituzionale – “parallela” a quella economica – di organi monocratici vecchi e nuovi: dal Presidente della Commissione europea, al Presidente del Consiglio europeo, al Ministro degli affari europei è tutto un “super presidenzialismo”. Poi organi collegiali ma di vertice: il Consiglio europeo, il Consiglio dei ministri, la Commissione europea, e la Corte di giustizia. E in fondo il Parlamento, che – precisiamo – non è un Parlamento “europeo” ma un insieme di parlamentari nazionali, eletti da meno del 50% degli aventi diritto. Una superfetazione costituzionale, resasi necessaria per completare l’operazione volta a inglobare e comprimere, in un sistema “a castello” dominato dalla “costituzione economica” e culminante nei poteri relativi alla moneta unica, quei principi concernenti la vita politica, sociale e civile dei popoli d’Europa che, surrettiziamente, vengono degradati in modo persino formalizzato, dalle ragioni che all’origine li aveva coinvolti come “popoli” e non semplici ”cittadini” come ora.
La “sovranità popolare” non c’è neanche come formalità; è sostituita da una c.d “opinione pubblica”, cioè, come dice lo studioso Bovero: “una cosa che non esiste, un soggetto artificiale manipolabile, che se mai è esistita, di certo ora non esiste più: sono gruppi di amici o di potere che si dicono ‘opinione pubblica”.
Questo si vorrebbe, realizzando il ritorno ad una “sovranità di apparati”, concentrata n un circuito tecnocratico di c.d. “government” europeistico e corporativo delle “corporate governace” imprese finanziarie e industriali, sotto la guida “politica” delle banche centrali capeggiate dalla BCE. Co in piu la “cupola” di molteplic poteri burocratici ciè non elettivi e quant’altro.
Ma forse basta per almeno stimolare ad approfondire quello che demagogicamente e mistificatoriamente i “vertici” di Stato e di governo (con Napolitano, il nuovo grande “picconatore”, e Prodi in testa), stanno acriticamente festeggiando. Nel silenzio, anzi con la partecipazione dei c.d. “europeisti di sinistra” della c.d. “sinistra alternativa”, che non per caso non si chiama “comunista” ma “radicale” come quella ottocentesca e quelle pannelliana: avendo di quella e di questa assunto non solo la logica maggioritarie e parlamentarista, ma l’individualismo libertario-liberale-liberista che in Unioni unisce la diade radicale/riformista con privatizzazioni, liberalizzazioni e con i “DiCo” che per ciò sono diventati la questione centrale: non per rimuovere un pregiudizio, come è giusto, ma sostituiva della questione sociale e del lavoro che, obliata, resta aperta ed aggravata quanto mai prima in Italia e in Europa.
Movimento Antifascista Difesa e RILANCIO Costituzione – Salvatore D’Albergo e Angelo Ruggeri (Centro Naz. Il Lavoratore)
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